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Pisa
Pisa
chiesa
parrocchiale
S. Caterina Vergine e Martire
Parrocchia di Santa Caterina
Struttura; Pianta; Coperture; Pavimenti e pavimentazioni; Facciata; Elementi decorativi; Altari laterali; Cappelle terminali; Presbiterio; Cappella dei Caduti; Campanile
nessuno
XIII - XVI(area cimiteriale intorno); 1211 - 1211(citazione intero bene); 1220 - 1220(fondazione intero bene); 1230 - 1261(costruzione intero bene); 1250 - 1250(citazione intero bene); XIV - XVIII(demolizione chiostro); 1320 - 1320(completamento arredi interni); 1326 - 1326(completamento facciata); 1348 - 1348(costruzione navatella laterale destra); XVI - XVI(restauro intero bene); 1650 - 1650(restauro intero bene); XVIII - XVIII(variazione d'uso convento); XIX - XX(restauro campanile); 1828 - 1830(citazione intero bene); 1921 - 1925(restauro intero bene); 1923 - 1923(altare maggiore presbiterio); 1927 - 1927(inaugurazione intero bene); 2003 - 2003(restauro cappella dei Caduti); 2006 - 2008(restauro facciata)
Chiesa di Santa Caterina Vergine e Martire
Tipologia e qualificazione chiesa parrocchiale
Denominazione Chiesa di Santa Caterina Vergine e Martire <Pisa>
Altre denominazioni S. Caterina Vergine e Martire
Ambito culturale (ruolo)
gotico pisano (costruzione)
Notizie Storiche

XIII - XVI (area cimiteriale intorno)

Dal 1274, la chiesa fu dotata di un'area cimiteriale, che fino al XVI secolo doveva svilupparsi lungo il lato Sud.

1211  (citazione intero bene)

Risale al 1211 la prima attestazione dell'esistenza della chiesa di Santa Caterina in Pisa, dotata di annesso ospedale.

1220  (fondazione intero bene)

Tradizionalmente la chiesa si ritiene fondata nel 1220 dal domenicano Uguccione Sardo, che fu mandato a pisa da San Domenico in qualità di frate Predicatore. L'arcivescovo di Pisa Vitale (1217-1253) affidò al gruppo di frati una piccola chiesa dedicata ai santi Caterina d'Alessandria e Antonio Abate.

1230 - 1261 (costruzione intero bene)

A partire dal 1230 la chiesa, ormai dedicata solo a Santa Caterina, fu ampliata dai frati domenicani. Alla metà del Duecento i lavori dovevano essere a buon punto ma non ancora conclusi, visto che Papa Innocenzo IV, con la Bolla del 4 giugno del 1253, concedeva indulgenze in cambio del contributo all'edificazione dell'edificio sacro.

1250  (citazione intero bene)

La chiesa era sede di una scuola per la formazione dei "predicatores" e disponeva di una ricca biblioteca e di uno scriptorium.

XIV - XVIII (demolizione chiostro)

La chiesa di Santa Caterina era dotata di un grande chiostro affrescato (costruito entro il 1342), che venne distrutto a seguito delle soppressioni leopoldine del 1785, quando il convento fu trasformato in seminario arcivescovile.

1320  (completamento arredi interni)

Intorno al 1320, l'altare maggiore della chiesa fu completato con la collocazione del grande polittico di Simone Martini, oggi conservato presso il Museo Nazionale di San Matteo.

1326  (completamento facciata)

La facciata fu terminata poco prima del 1326, grazie alla donazione concessa alla chiesa dalla famiglia Gualandi: quest'ultima infatti permise ai frati di prelevare senza pagamento il marmo dei Monti pisani, tratto dalle cave di San Giuliano di sua proprietà, per il rivestimento del prospetto principale ed il completamento dei lavori.

1348  (costruzione navatella laterale destra)

Nel 1348, sul lato destro dell'aula, venne aggiunta la navatella laterale.

XVI  (restauro intero bene)

Nel 1529 la chiesa subì diversi interventi di restauro e di manutenzione: vennero eseguiti nuovi intonaci e realizzata una nuova pavimentazione. Il coro, posizionato davanti all'altare maggiore, fu spostato alle sue spalle, riadattandolo.

1650  (restauro intero bene)

L'edificio subì il primo radicale intervento a seguito dell'incendio del 1650, che causò gravi danni alla struttura e distrusse importanti arredi. Il fuoco danneggiò la grande vetrata gotica al centro della parete absidale (ricostruita nel 1923 dalla Ditta Zetler di Monaco di Baviera e in seguito, nel 1949, restaurata dalla Ditta Quentin di Firenze). Oltre a questo, furono gravemente compromessi l'organo, il pulpito, il coro e il monumento dell'Arcivescovo Saltarelli. I lavori di restauro, che furono intrapresi dopo l'incidente, comportarono notevoli modifiche alla chiesa secondo il gusto dell'epoca (ad esempio, l'arco acuto che introduceva alla cappella centrale fu trasformato in arco a tutto sesto). La parte presbiteriale fu ricostruita per interessamento della famiglia Del Rosso.

XVIII  (variazione d'uso convento)

Nel 1784, il Granduca di Toscana Pietro Leopoldo fece allontanare i frati dal convento, che trasformò in seminario e collegio. La chiesa fu eretta in parrocchia il 13 ottobre 1784 dall'arcivescovo di Pisa Mons. Angelo Franceschi.

XIX - XX (restauro campanile)

Nel 1860 la cuspide terminale del campanile fu distrutta da un fulmine e ripristinata nel 1929-1930 dall'ingegnere Giulio Fascetti. In quell'occasione venne anche restaurata la struttura del campanile, rinforzandone la statica con travi in cemento armato.

1828 - 1830 (citazione intero bene)

Tra il 1828 e il 1830, durante il restauro della Cattedrale, la chiesa di Santa Caterina ospitò il clero della primaziale.

1921 - 1925 (restauro intero bene)

Tra il 1921 e il 1927 la chiesa fu sottoposta ad un importante intervento di restauro progettato dall'ingegnere Oreste Zocchi, volto ad eliminare le superfetazioni seicentesche. A seguito della demolizione del finestrone centrale (in seguito riutilizzato come facciata della chiesa di Sant'Andrea in Pescaiola), furono ritrovati frammenti dell'antica quadrifora, che venne ricostruita seguendo le tracce sopravvissute. L'arco trionfale a tutto sesto, costruito nel Seicento davanti alla scarsella absidale, fu sostituito dall'arco acuto originario. Gli altari delle cappelle terminali vennero rimossi e ricostruiti in stile neo-gotico, mentre quelli delle pareti laterali dell'aula furono in parte smantellati per consentire la riapertura delle antiche monofore (ne sopravvivono solo quattro che non costituivano un ostacolo per il ripristino delle aperture). Nel 1925, tutte le finestre della chiesa vennero dotate di vetrate policrome.

1923  (altare maggiore presbiterio)

L'attuale altare maggiore venne realizzato nel 1923 dalla ditta Lazzerini su progetto di Oreste Zocchi, contestualmente ai lavori di restauro che la chiesa subì tra il 1921 e il 1925. La mensa di grandi dimensioni, collocata al centro della scarsella absidale, è impostata su 14 colonnine marmoree.

1927  (inaugurazione intero bene)

Al termine del vasto programma di intervento, la chiesa venne inaugurata il 29 maggio 1927, in occasione del XXV episcopato del Cardinale Pietro Maffi.

2003  (restauro cappella dei Caduti)

Il 25 aprile 2003 fu inaugurata la cappella dei Caduti, a seguito dei restauri effettuati.

2006 - 2008 (restauro facciata)

Nei primi anni del Duemila, è stato eseguito il restauro del rivestimento lapideo della facciata.
Descrizione

La chiesa di Santa Caterina d'Alessandria, fondata dai domenicani nel 1220, rappresentò sin da subito un vivace centro religioso e culturale, sede di studi teologici e filosofici della città. A partire dal 1230 (anno del primo contratto notarile per l'acquisto dei terreni circostanti), furono avviati i lavori per la costruzione di una chiesa più grande con l'annesso convento, in sostituzione del primitivo edificio di piccole dimensioni, non più sufficiente a soddisfare le esigenze dei Padri e della comunità di fedeli. Il nuovo edificio sacro fu terminato verso la metà del XIV secolo, ad esclusione della facciata, che fu completata intorno al 1326 (sotto il priorato di Giacomo Donati), grazie alla donazione di marmo dei Monti pisani da parte della famiglia Gualandi. Circa dieci anni più tardi, fu intrapresa la trasformazione della chiesa da pianta ad aula unica a pianta a tre navate: il progetto, affidato a Lupo di Francesco, rimase tuttavia incompiuto con la realizzazione della sola navatella destra, ancora esistente. Oggi la chiesa ha perso quasi totalmente l'originario impianto medievale, a causa delle consistenti modifiche subite durante i secoli (vedi i lavori compiuti a seguito dell'incendio del 1650 e quelli di restyling neogotico eseguito nel 1921-1927). L'edificio sorge vicino a piazza Martiri della Libertà (già piazza Santa Caterina), affacciata su un sagrato lastricato in pietra e stretta fra la struttura dell'ex canonica (a destra) e quella del Seminario Arcivescovile (a sinistra). Quest'ultimo, fondato dall'Arcivescovo di Pisa Angelo Franceschi nel 1784, inglobò le antiche strutture del convento, dal quale i frati furono allontanati pochi anni prima a seguito delle soppressioni leopoldine. La facciata a capanna, rivestita in marmo a fasce bicrome, si articola in due ordini sovrapposti: il primo, delimitato da due pilastri angolari, è scandito da una serie di tre archeggiature cieche, di cui la centrale includente il portale d'ingresso. La parte superiore presenta un doppio loggiato caratterizzato da archi trilobati e protomi umane,al centro del quale si inserisce il novecentesco rosone marmoreo. Il fianco sinistro della chiesa, collegato alle strutture dell'antico convento, mostra una muratura in mattoni faccia-vista, decorata nel sottogronda da un motivo ad archetti, ed è provvisto di nove monofore, di cui quattro murate. Il fianco destro, adiacente all'ex canonica, è caratterizzato dallo stesso tipo di paramento murario e conta sei monofore. La parte tergale dell'edificio, sempre in laterizi, è costituita dal corpo emergente della scarsella absidale, illuminata dalla grande quadrifora ogivale sormontata da tre oculi vetrati, e da quelli delle cappelle terminali affacciate sul transetto, ognuna dotata di monofora. In corrispondenza del braccio sinistro del transetto si erge il campanile completamente realizzato in mattoni, attribuito a Giovanni di Simone e databile alla seconda metà del XIII secolo. La torre è costituita da quattro ordini sovrapposti, spartiti da cornici ed archetti marcapiano: quello inferiore senza aperture, il secondo dotato di una monofora su ciascun lato, il terzo una bifora e il quarto una trifora. Al vertice, si sviluppa un'alta cuspide piramidale, ricostruita nel 1930 a seguito dei danni provocati dal fulmine nel 1860. L'interno della chiesa si presenta a navata unica coperta da un tetto a capriate lignee. A metà della parete destra si apre una navatella laterale composta da tre archeggiature, da cui si accede alla cappella dei Caduti. Sul transetto si affacciano cinque cappelle, di cui la centrale maggiore.
Struttura
Muratura portante mista, costituita da conci in pietra, materiale sciolto lapideo e laterizio.
Pianta
Lo schema planimetrico della chiesa è a croce latina, con navata unica coperta da tetto a capriate lignee e transetto dotato di quattro cappelle terminali. Al centro, si inserisce la cappella maggiore, a pianta quadrangolare, caratterizzata da ampia quadrifora aperta sulla parete di fondo. Sulla parete destra dell'aula, per circa metà della sua lunghezza, si apre una navatella impostata su tre archeggiature, da cui si accede alla cappella dei Caduti. L'altra metà della parete è occupata da altari laterali sormontati da una serie di sei monofore. La parete sinistra presenta invece nove monofore, di cui quattro murate. In controfacciata, sopra l'ingresso principale, si dispongono in linea tre piccole aperture a monofora.
Coperture
L’aula presenta una copertura a doppia falda, costituita da orditura primaria e secondaria in struttura lignea, sorretta da diciassette capriate. La scarsella absidale, le cappelle laterali, il transetto e la sacrestia sono coperti da volte a crociera decorate.
Pavimenti e pavimentazioni
La pavimentazione dell'aula e della sacrestia è costituita da quadroni in cotto: numerose lapidi sepolcrali sono inserite l'una di seguito all'altra a delineare il corridoio centrale della navata. Nel transetto e nelle cappelle terminali, compresa quella absidale, la pavimentazione è formata da lastre irregolari di marmo bianco e bardiglio, frammiste da lapidi terragne. La cappellina dei Caduti è pavimentata con elementi quadrati in marmo bianco e bardiglio posati a losanga.
Facciata
La facciata a capanna, rivestita in marmo dei monti pisani con motivo a fasce bianche e grigie, è caratterizzata da due ordini sovrapposti: la parte inferiore, è scandita da tre archeggiature a tutto sesto coronate da ghiera bicroma. L'arco principale ospita il portale d'ingresso leggermente strombato, completo di lunetta con mosaico centrale raffigurante la Madonna con il Bambino, firmato da Vittorio Bagnoli e datato 1930. La parte superiore del prospetto è costituita da una prima loggia rettilinea, su cui si affacciano tre monofore vetrate, e da una loggia superiore, cuspidata, al centro dalla quale si inserisce il rosone in marmo, realizzato dalla Ditta Apuane di Pietrasanta nel 1927, su disegno del Bagnoli. Entrambi gli ordini di loggette sono costituiti da colonnine, archietti trilobati e capitelli scolpiti sormontati da volti di santi, restaurati alla fine del XIX secolo, quando vennero sostituiti i marmi consunti del prospetto, e nel primo Novecento. Sul pilastro angolare di sinistra, una lastra marmorea incisa accoglie l'iscrizione trecentesca in ricordo della famiglia Gualandi, che donò alla chiesa i marmi provenienti dalle proprie cave di San Giuliano.
Elementi decorativi
Internamente la chiesa si presenta a navata unica, completa di transetto con cinque cappelle terminali, di cui la centrale corrispondente alla cappella maggiore. L'aula, coperta da un tetto a capriate lignee ricostruito nel secondo Dopoguerra, ha pareti intonacate e tinteggiate, sulle quali si apre una serie di monofore inquadrate da cornici bicrome, motivo decorativo che si ripete anche nel profilo di tutte le archeggiature presenti in chiesa. Lungo la sommità dei muri perimetrali, in corrispondenza della copertura, si sviluppa una fascia continua dipinta a tempera su intonaco da Vittorio Bagnoli, raffigurante cinquanta medaglioni con Patrianchi, Profeti, Apostoli, Padri della Chiesa, Virgilio, una sibilla e lo stesso artista. Dello stesso Bagnoli è la bussola in legno, realizzata nel 1927 su disegno di Oreste Zocchi, che campeggia al centro della controfacciata, inserendosi in corrispondenza della traccia muraria del portale d'ingresso archivoltato. Davanti all'entrata, trovano posto due acquasantiere a colonna in marmo bianco del XVII secolo (quella a sinistra rimaneggiata in epoca moderna), mentre a sinistra del portone è collocato il fonte battesimale di Alvio Vaglini Alvio del 1969. Sulla parete destra, a partire da metà aula, si apre la navatella laterale, costituita da tre arcate impostate su due pilastri centrali. La struttura fu eseguita da Lupo di Francesco intorno al 1336 nell'ambito del progetto, incompiuto, che mirava a trasformare l'edificio a unica navata in una chiesa a tre navate. Le volte a crociera della navatella, come le altre parti della chiesa sono state decorate con dipinti murali da Cesare Cigheri e da Galeno Davitti (1923-1924). Lungo il corridoio centrale dell'aula e nel transetto, si dispongono inserite nel pavimento numerose lapidi terragne, pazientemente catalogate da Mons. Guido Corallini.
Altari laterali
Lungo le pareti dell'aula si dispongono quattro altari laterali in pietra serena ascrivibili alla metà del XVII secolo: questi sono gli unici sopravvissuti dei nove eretti nel Seicento, risparmiati dall'intervento di restauro novecentesco perché non costituivano un ostacolo alla riapertura delle antiche monofore. Il primo altare della parete destra, dedicato alla Madonna del Rosario, conserva la relativa statua novecentesca e un piccolo dipinto tardo seicentesco di Santa Rosa da Lima. Sui plinti, gli stemmi scolpiti della famiglia Menichini ne indicano il patronato. Il secondo altare, della famiglia Catignani (vedi stemmi sui plinti), conserva una tela di Pier Francesco Varchesi raffigurante San Raimondo che resuscita un morto, della seconda metà del XVII secolo. Tra i due altari trova posto il sepolcro quattrocentesco di Gherardo di Bartolomeo di Simone Compagno, un tempo collocato in controfacciata. La tela di Aurelio Lomi con il Martirio di Santa Caterina d'Alessandria (sec. XVI) conclude la parete. Il primo altare a sinistra, datato 1655, ospita il coevo dipinto di Santa Caterina da Siena, eseguito da Raffaele Vanni. Il secondo, eretto nel 1670 e dedicato a San Tommaso, è ornato dalla tela con la Predica di San Vincenzo Ferreri, opera di Pietro Dandini della metà del XVII secolo. Tra i due altari è collocato il monumento funebre in memoria dell'Arcivescovo di Pisa Simone Saltarelli, realizzato da Andrea e Nino Pisano nel 1342. Assai danneggiato a seguito dell'incendio del 1650, l'opera fu dapprima ricomposta in forme simili alle attuali nei pressi della porta della sacrestia (1681) e, solo intorno al 1812, fu trasferito nella presente collocazione. A destra del secondo altare, campeggia sulla parete la tavola sagomata del Trionfo di San Tommaso, attribuito a Lippo Memmi e a Francesco Traini negli anni Venti del XIV secolo. Concludono la parete una cattedra lignea che secondo la tradizione fu usata da San Tommaso d'Aquino durante le sue prediche e il dipinto della Madonna e Bambino tra Santi Pietro e Paolo di Baccio della Porta (1511).
Cappelle terminali
La prima cappella del transetto destro, di patronato della famiglia Mastiani e in seguito Roncioni, è interamente decorata con pitture murali realizzate da Cesare Cigheri e Galeno Davitti nel 1924. Accoglie al centro l'altare novecentesco progettato da Oreste Zocchi e realizzato dalla Ditta Palla, su cui è collocata l'ancona marmorea quattrocentesca della Madonna tra santi Girolamo e Domenico, attribuita alla cerchia di Andrea Civitali. Sulla parete di fondo, campeggia una monofora con vetrata artistica della Ditta Zettler, raffigurante la Madonna del Rosario. La seconda cappella, di patronato della famiglia Orlandi, ospita un altare in stile neo-gotico realizzato nel 1924 dalla Ditta Sbrana su progetto dello Zocchi. Anche in questo caso l'intero ambiente è ornato dalle pitture murali di Cigheri e Davitti. Nella monofora della parete di fondo è inserita la vetrata con il Sacro Cuore di Gesù (Zettler, 1922). Nel braccio sinistro del transetto si apre la prima cappella, di patronato della famiglia Venerosi (già Albertini), interamente decorata da pitture murali: sulla parete di fondo, lato sinistro della monofora, è visibile l'affresco trecentesco della Crocifissione, attribuito a Giovanni di Nicola e riportato alla luce alla fine del XIX secolo. Dalla parte opposta, il Davitti decide di completare la decorazione con un riquadro analogo raffigurante la Flagellazione di Cristo (1924). Anche in questo caso, l'altare è una ricostruzione neo-gotica dello Zocchi (Ditta Lazzerini di Carrara, 1923). Vetrata di San Michele Arcangelo sulla parete di fondo (Zettler, 1923). La seconda cappella, di patronato della famiglia Manninghi Buzzaccherini, presenta un altare novecentesco in marmo bianco, caratterizzato da un paliotto di reimpiego derivante dal sarcofago trecentesco di Falcone da Calcinaia, già nella Cappella dei Caduti. Al centro della mensa svetta lo scomparto dipinto di San Domenico, eseguito da Francesco Manetti nel 1923, copia dell'originale di Francesco Taini, conservato nel Museo Nazionale di San Matteo. Sulla parete di fondo, vetrata con San Giuseppe e Gesù Bambino (Zettler, 1922).
Presbiterio
La scarsella absidale, a pianta quadrangolare, è introdotta da un ampio arco tionfale a sesto acuto, ai lati del quale sono collocate due statue in marmo raffiguranti la Madonna annunciata e l'Angelo annunciante, attribuite a Nino ed Andrea Pisano e ascrivibili al terzo quarto del XIV secolo (Vasari, 1568). Il gruppo scultoreo dell'Annunciazione proveniva dalla badia camaldolese di San Zeno ed apparteneva alla Compagnia dei Battuti di San Gregorio. Sulla parete di fondo, si apre la monumentale quadrifora con arco ogivale, ricostruita negli anni Venti del Novecento e dotata di vetrata policroma con santi, eseguita dalla ditta Zettler di Monaco. Al centro dell'area trova posto l'Altare maggiore in marmo bianco, costituito da una mensa impostata su 14 colonnine, realizzato nel 1923 dal laboratorio Lazzerini su disegno di Oreste Zocchi. Nello stesso periodo, in occasione del ritorno a Pisa delle ossa del Beato Giordano da Rivalto, il sepolcro trecentesco contenenti le sue spoglie fu ricollocato sotto l'altare. Lungo le pareti della scarsella absidale si sviluppa il coro in legno del XIX secolo. Volta e pareti della "cappella grande"sono caratterizzate da pitture murali raffiguranti i quattro Evangelisti e l'emblema domenicano, opera di Cesare Cigheri (1923).
Cappella dei Caduti
La prima cappella aperta sul lato sud della chiesa fu voluta dal priore Giovanni Frediani (1341-1345), dedicata inizialmente a San Simone (dal nome del costruttore Simone da Camulliano) ed in seguito a San Domenico. Sotto il priorato di Giacomo Petri (1353-1356), fu destinata ad accogliere le sepolture dei frati conventuali. Per questo ambiente, tra il 1341 e il 1346, fu eseguita la pala di San Domenico di Francesco Traini, attualmente conservata presso il Museo Nazionale di San Matteo. Nell'iscrizione che l'accompagna, oltre al nome dell'autore, è citato anche quello del committente Giovanni Cochi, di nobile famiglia napoletana. Questi restaurò la cappella in memoria del nipote e milite Marino (morto nel 1418), stabilendo qui la sua sepoltura (la lastra tombale si conserva al Louvre di Parigi, trafugata durante le spoliazioni napoleoniche): i lavori previdero la realizzazione delle volte e degli archi, il restauro delle pareti che furono intonacate ed imbiancate, e la costruzione del pavimento in mattoni. Nel corso del XVII secolo, la cappella ospitava ancora la tavola del Traini, ma aveva cambiato intitolazione (San Rosario prima e Santissimo Sacramento poi), mentre alla fine del secolo successivo, ormai detta "cappellone", risultava priva della pala trecentesca e dotata di un altare, in cui era stata reimpiegata la lastra tombale di Falcone da Calcinaia (sec. XIV). All'inizio dell'Ottocento, fu ridotta a magazzino e l'arco di collegamento alla navatella fu tamponata. Nel 1921, su progetto di Oreste Zocchi, la cappella fu sottoposta ad un drastico intervento di restauro e fu dedicata ai Caduti in guerra: l'arcata d'ingresso venne ripristinata e dotata di una cancellata artistica in ferro battuto, opera di Lelio Titta (autore anche del lampadario centrale); le volte e le pareti furono decorate con pitture murali da Galeno Davitti e lungo i muri perimetrali vennero disposte le lapidi commemorative, eseguite dalla Ditta Barsanti; fu posizionato il nuovo altare, costituito dal monumento funebre Pallavicini, reimpiegato come paliotto ed ornato dalla tavola dipinta della Pietà di Santi di Tito (secc. XVI-XVII), proveniente dall'Accademia di Firenze e concessa in deposito temporaneo alla chiesa. Al centro della cappella fu collocata la lapide del soldato Pietro Andrea Brandesi, morto nel 1492, in sostituzione e ricordo di quella di Marino Cochi, portata via dai francesi. Dopo la Seconda guerra mondiale, lungo le pareti, fu aggiunto un secondo ordine di lapidi. Nella cappella, sulla parete di fronte all'ingresso, è collocato il seicentesco crocifisso in legno dipinto e dorato attribuito a Giuseppe Giacobbi.
Campanile
Il campanile, interamente realizzato in cotto, è stato attribuito a Giovanni di Simone e ricondotto ai primi anni della seconda metà del XIII secolo. All'esterno la torre appare suddivisa in tre ordini sovrapposti da cornici marcapiano: ciascun livello, caratterizzato rispettivamente da monofore, bifore e trifore, è decorato da un motivo ad archetti pensili in cui si inseriscono bacini ceramici (oggi copie degli originali conservati al Museo Nazionale di San Matteo). Dall'interno della chiesa si scopre la particolare struttura del campanile, costruita in origine su una sola parete appoggiata a terra (quella ovest) e le altre impostate sull'arco e sulla crociera della volta. Con i restauri del 1929-1930, eseguiti dall'ingegnere Giulio Fascetti, fu ripristinata la cuspide del campanile, danneggiata da un fulmine nel 1860, e consolidata la torre, rinforzandone la statica con travi in cemento armato. Alle due campane trecentesche, sopravvissute sino ad oggi, nel 1930 fu aggiunta quella in ricordo dei Caduti in guerra, realizzata dalla Ditta Lera di Lucca. Il campanile è accessibile dal secondo piano del Seminario Arcivescovile.
Adeguamento liturgico

nessuno
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