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adeguamento liturgico
Renno
Pavullo nel Frignano
Modena - Nonantola
chiesa
parrocchiale
S. Giovanni Battista
Parrocchia di San Giovanni Battista
Impianto strutturale; Coperture; Struttura; Pavimenti e pavimentazioni
presbiterio - aggiunta arredo (2000)
931 - 931(preesistenze intorno); 1157 - 1157(edificazione intero bene); 1500 - 1500(edificazione prima cappella); 1552 - 1565(edificazione seconda cappella); 1565 - 1565(realizzazione sagrestia); 1673 - 1673(edificazione campanile); 1697 - 1697(funzioni sagrato); 1728 - 1749(restauri intero bene); 1782 - 1782(restauri facciata); 1805 - 1805(dedicazione intero bene); 1873 - 1873(rimozione cimitero); 1901 - 1901(arredi interno); 1904 - 1904(descrizione storica intero bene); 1914 - 1914(altari interno); 1945 - 1945(riparazione copertura); 1988 - 1988(restauri interno); 2000 - 2000(restauri intero bene)
Chiesa di San Giovanni Battista
Tipologia e qualificazione chiesa parrocchiale
Denominazione Chiesa di San Giovanni Battista <Renno, Pavullo nel Frignano>
Altre denominazioni Chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista
S. Giovanni Battista
Ambito culturale (ruolo)
romanico (edificazione)
barocco (restauro presbiterio)
Notizie Storiche

931  (preesistenze intorno)

straordinaria è la vicenda di questa pieve situata nella vallata dello Scoltenna al centro del suo vasto plebanato. Fu costruita nella prima metà del XII secolo dove prima non esisteva alcun edificio sacro, probabilmente riutilizzando materiali provenienti da un’importante chiesa risalente al VIII-IX secolo, epoca della prima influenza carolingia in area modenese, quando la “curtis” di Renno era il centro amministrativo e giudiziario del Frignano. Il conte di Modena Suppone III tenne un famoso placido in località Renno, probabilmente in un più antico edificio sacro allora esistente all’interno del borgo (l’attuale Renno di Sopra) che, secondo alcuni, era stato un centro politico di una certa rilevanza nel Frignano alto-medioevale.

1157  (edificazione intero bene)

anno in cui fu reso esecutivo un decreto del vescovo Rabaldo che insigniva del titolo di Pieve la chiesa di San Giovanni Battista di Renno, da pochi anni edificata nel luogo prescelto (quello attuale che dal 1157 fino al XIX secolo si chiamerà Pieve), la quale subentrava a quella più antica di Paule (Monteobizzo), divenendo così la più autorevole dell’Appennino modenese, con giurisdizione su 35 chiese (elenco del 1464). Alla nuova Pieve furono conferiti integralmente i diritti e i possedimenti dell’antica chiesa (Plebe Paludis), tutte le cappelle, le decime e la terza parte dei pii lasciti dei morenti. Fu riconosciuto inoltre il diritto di sepoltura (jus sepeliendi) dei morti di Montecuccolo, di Santa Maria e di San Michele.

1500  (edificazione prima cappella)

il conte Cesare Montecuccoli (morto nel 1506) si fece costruire all’interno della pieve una cappella dedicata all’Annuciazione per esservi sepolto e la dotò di una rendita annua di 12 scudi. La sua abside poligonale costituisce un’ulteriore singolarità della Pieve, considerando che le altre due presenti nell’edificio sono semicircolari. Venne restaurata nel 1752 su commissione del marchese Giuseppe Montecuccoli. I restauri del 2000 hanno riportato alla luce tracce del fregio affrescato che contornava l’arco di accesso. La cappella dell’Annunziata, dopo i rimaneggiamenti del XVIII secolo, si presentava del tutto uguale all’altra di fronte dedicata alla Madonna del S. Rosario. Lo spazio era diviso in due da una parete trasversale. Nel 1988 la cappella fu restaurata e trasformata nella forma attuale a cura del Lions Club di Pavullo.

1552 - 1565 (edificazione seconda cappella)

di fronte, nel fianco settentrionale della navata di sinistra, nella seconda metà del Cinquecento fu aperta una seconda cappella, inizialmente dedicata all’Assunzione, in seguito consacrata alla Madonna del Rosario e oggi ornata con l’immagine della Madonna di Pratolino. La cappella fu completamente restaurata una prima volta nel 1770, quindi nel 1804 e infine nel 1912, poi riportata alla luce con i restauri del 2000, durante i quali nelle pareti sono state recuperate le pitture che ornavano le nicchie tamponate all’epoca dell’arciprete Santi.

1565  (realizzazione sagrestia)

con promessa, l’arciprete fece edificare la sagrestia, poi ampliata nel 1639. Risale alla fine del Cinquecento la massiccia balaustra di legno di noce che divide il presbiterio dall’aula dei fedeli. All’inizio del Seicento il presbiterio fu ampliato verso l’aula liturgica e la balaustra venne modificata con due ali laterali di più modesta fattura. L’originario altare ligneo ricco di statue di santi e di angeli, descritto nella relazione di visita pastorale del 1639 e nell’inventario del 1700, fu sostituito tra il 1740 e il 1749, prima che, nel 1784 l’arciprete Manfredini diede al Caselgrandi l’incarico di realizzare un nuovo altare di scagliola. In due mesi circa fu pronto e venne inaugurato il 2 agosto per le solenni funzioni del Perdono d’Assisi. I colori originari della scagliola lavorata a marmo sono stati riportati alla luce in tutta la loro bellezza durante i più recenti restauri.

1673  (edificazione campanile)

gli uomini del Comune decisero di voler far fabbricare un campanile alla lor Pieve: tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo fu costruito il campanile grazie ad un ingente sforzo finanziario della comunità, a cui concorsero lo stesso arciprete e molti privati con donazioni e legati. Il 22 agosto 1707, quando ormai la costruzione stava per essere completata, la campana prelevata nel 1682 dalla Torre della Rocca di Renno di Sopra fu collocata nella cella campanaria assieme alle altre due preesistenti. Nel 1723, nel 1738, nel 1776 e infine nel 1813 le campane sono state rifuse con aumento di peso ad opera della ditta Giuseppe Bimbi di Fontanaluccia.

1697  (funzioni sagrato)

all’epoca il sagrato della chiesa, cioè lo spazio davanti alla facciata, sul fianco settentrionale e dietro l’abside, era un luogo aperto destinato a cimitero dei fedeli della parrocchia, Nell’area, per antica consuetudine, si svolgevano alcuni atti della vita civile, se pur in uno spazio distinto: il sagrato vero e proprio era riservato agli atti religiosi e un trebbo contiguo al sagrato a quelli civili. Vi si radunava il Consiglio del Comune per decisioni importanti, vi rogavano alcuni notai e, dopo la messa, davanti a tutto il popolo, erano letti ad alta voce dal nunzio i decreti delle autorità. In tempi ancora più antichi il sagrato era luogo dove si amministrava la giustizia e, dopo le messe, i paesani vi vendevano i loro prodotti.

1728 - 1749 (restauri intero bene)

in occasione del rifacimento del tetto a due spioventi, il campanile a vela, presente sulla facciata con due campane (una di pesi nove e l’altra di pesi sedici) come risulta dagli inventari del 1630, del 1675 e del 1700, fu rimosso e furono aperti tre grandi finestroni. Durante tutto il XVIII secolo, la chiesa fu soggetta a importanti lavori di ristrutturazione per i quali gli arcipreti attinsero dalle rendite dell’Opera Pia Ruggeri cui aggiunsero, in caso di necessità, anche del proprio. Dopo il rifacimento della copertura, all’interno i lavori proseguirono con la realizzazione del soffitto e le decorazioni del coro e del presbiterio. Il soffitto di tavelle di cotto dipinte con motivi geometrici e vegetali ha sostituito il precedente solarium del 1572. Il restauro del coro risale al 1741 per iniziativa di don Andrea Pini che prese possesso della Pieve appena un anno prima. All’epoca fu eretto un quinto altare all’interno della chiesa dedicato al SS. Crocifisso.

1782  (restauri facciata)

Don Giuseppe Manfredini, arciprete e vicario Foraneo prima di Coscogno poi di Renno, fece allargare il portale maggiore in proporzione con l’ampia facciata e fece realizzare il portone di legno di noce tutto a sue spese (lire quattrocento). Egli morì nel 1817 ed fu il primo arciprete a essere sepolto fuori dalla chiesa, in rispetto delle nuove norme che vietavano le sepolture interne.

1805  (dedicazione intero bene)

con decreto del Papa del 19 luglio la chiesa di Renno fu dichiarata francescana e fino a pochi anni fa vi si celebrava nei giorni 1 e 2 di agosto la Festa del Perdono d’Assisi con grande affluenza di fedeli da tutta la vallata.

1873  (rimozione cimitero)

venne costruito il nuovo cimitero, dopo che quello vecchio fu fortemente ridotto dall’attraversamento della strada del Serpentino; l’area del sagrato venne espurgata di tutte le ossa umane sepolte le quali furono radunate in una fossa comune nel nuovo camposanto.

1901  (arredi interno)

venne sostituito il seicentesco cancello interno in legno con un nuovo manufatto in ferro battuto ad opera del fabbro di Pavullo Benedetto Benedetti.

1904  (descrizione storica intero bene)

Don Giuseppe Toni nella descrizione della Pieve trascrisse, dagli inventari del 1656 e del 1740, la seguente informazione: La Pieve di San Giovanni Battista di Renno celebra l’anniversario della sua dedicazione e consacrazione ex antiquissima traditione il giorno decimo terzo del mese di maggio (di un anno non precisato). Testimonianza di ciò sono le otto croci ognuna inserita in un cerchio ornato con piccoli serti di foglie, riapparse durante i restauri del 2000.

1914  (altari interno)

all’interno della chiesa fu eretto presso il battistero un sesto altare intitolato a Sant’Antonio di Padova.

1945  (riparazione copertura)

il 14 aprile la chiesa subì gravi danni al tetto e all’abside in seguito al bombardamento di Renno, i quali vennero prontamente riparati.

1988  (restauri interno)

venne rimaneggiata radicalmente la cappella Montecuccoli.

2000  (restauri intero bene)

gli ultimi restauri riportarono l’edificio sacro allo splendore del 1700 con il recupero degli intonaci, delle pitture e degli altari.
Descrizione

La Pieve di San Giovanni Battista situata a Renno, una piccola frazione di Pavullo nel Frignano, si presenta come un monumento così affascinante ed enigmatico che nella sua forma attuale resta ancora di difficile interpretazione. La chiesa, in stile romanico dalle linee sobrie ed essenziali per quanto riguarda il linguaggio architettonico e l’apparato decorativo, è liturgicamente orientata con abside rivolta ad oriente e ingresso a occidente, è a pianta basilicale a tre navate e quattro campate, monoabsidata, con copertura a due spioventi. Le dimensioni rispettano esattamente le proporzioni canoniche delle pievi romaniche, con il rapporto di 2:1 fra lunghezza (m 24,40) e larghezza (m 13,90). La facciata a capanna, priva di decorazione e con un portale architravato al centro, appare molto antica, ad eccezione dell'apertura di tre finestre settecentesche. Infatti, sono proprio le sovrastrutture settecentesche, quali soffitti e intonaci, che non permettono di scoprirla fino in fondo e forse il suo fascino deriva in parte anche da questo aspetto così enigmatico. In seguito, l'intervento di restauro che risale al 1782 ha inciso in maniera evidente sulla sua struttura esterna, a tal punto da determinare la sostituzione del portale e l'apertura di finestroni nella facciata e nell’abside. All’apparenza l’edificio è compatto, ma a un attento esame reca tracce di pesanti interventi. In alcuni punti, in particolare nella facciata e nell’abside, è facile osservare che le pietre nelle parti inferiori sono perfettamente squadrate (opus quadratum), mentre nelle parti sovrastanti sono rozzamente lavorate. I materiali usati: principalmente tufo e arenaria. Il soffitto di legno con travi a vista, dipinte solo nella navata centrale, è frutto di un rifacimento settecentesco. Invece nell’abside e nel lato nord dell’edificio si notano i caratteri originali delle mura perimetrali, rimasti intatti nelle prime file di pietre squadrate a differenza dei tratti irregolari presenti nel resto della muratura che evidenziano gli interventi avvenuti nelle epoche successive. L’interno della chiesa si apre sulle tre navate sorrette da pilastri, quattro dei quali presentano una curiosa forma ottagonale, che potrebbe essere anche un indizio dell’età antica della chiesa. Infatti, gli elementi più interessanti e affascinanti sono caratterizzati proprio dagli archi e dai sostegni intonacati che appartengono all'originale costruzione romanica. Tra i sostegni figurano coppie di pilastri rettangolari e ottagonali: i primi terminano con una cornice tra pilastro e arco; mentre gli ultimi possiedono capitelli a tronco di piramide con spigoli incavati dove sono incise delle rosette. Quest'ultime sono state interpretate come un monogramma di Cristo disposto a ruota, simili a quelle ravennati visibili in Sant'Apollinare in Classe. Le diverse congetture su questi pilastri ottagonali e sui relativi capitelli hanno indotto ad ipotizzare origini franche o bizantine, con proposte di datazione risalenti anche al IX secolo.
Impianto strutturale
l’edificio religioso si presenta esternamente in stile romanico, isolato, di medie dimensioni e forma semplice a capanna, con un impianto planimetrico longitudinale, schematicamente a croce latina senza transetto e bracci laterali, a tre navate di cui quella centrale ampia e continua fino al presbiterio, quasi un prolungamento della navata stessa. Il soffitto è orizzontale con travi e travetti di legno e tavelle di cotto finemente decorate. Le quattro campate in profondità sono scandite da archi a tutto sesto sostenuti da pilastri di arenaria intonacati, con capitello geometrico. L’edificio è principalmente in muratura di blocchi lapidei, continua sul perimetro esterno e in muratura con archi a tutto sesto sostenuti da pilastri, nelle separazioni interne tra le navate, eseguito rusticamente secondo la immutata tradizione appenninica. Esternamente addossata alla parte nord, si eleva la torre campanaria, semplice e massiva, risalente alla fine del 1600. Simili a due absidi, le due cappelle laterali si protendono all’esterno della sagoma planimetrica della chiesa, semicircolare quella dedicata alla Madonna del S. Rosario sulla parete nord, poligonale quella riservata alla nobile famiglia dei Montecuccoli sulla parete sud. Dopo il 1625 compare la sagrestia costruita a ridosso della parete nord della basilica a lato del presbiterio.
Coperture
la copertura è tradizionale a falde inclinate, con due spioventi a capanna sull’intera basilica, a padiglione sul campanile, col manto in coppi a canale di laterizio.
Struttura
la struttura portante è in muratura continua di blocchi lapidei squadrati più o meno rozzamente, di arenaria locale e di tufo; i pilastri della navata centrale sono in blocchi di arenaria, così come gli archi a tutto sesto, mentre gli orizzontamenti sono di legno e laterizi con travi, travetti e tavolato in tavelle di produzione artigianale. La copertura della chiesa è a due falde con capriate, terzere, travicelli e tavolato di legno, manto in coppi a canale di laterizio di produzione artigianale, secondo la tradizione costruttiva locale.
Pavimenti e pavimentazioni
il pavimento della chiesa è in mattonelle quadrate di cotto di colore rosato, posate in diagonale, realizzato nel 1788 con 3100 tavelle in sostituzione delle precedenti lastre di pietra.
Adeguamento liturgico

presbiterio - aggiunta arredo (2000)
l’impianto liturgico risulta classico, precedente ai dettami del Concilio Vaticano II, con la zona presbiterale collocata tra il coro e l’aula ecclesiastica, rialzata di un gradino, racchiusa da una robusta balaustra di legno di noce risalente alla fine del Cinquecento. L’altare maggiore di scagliola, opera di Giuseppe Caselgrandi pittore e stucchino modenese, che vi lavorò nel 1784, si trova al centro del presbiterio rialzato di ulteriori due gradini, con il tabernacolo al centro e la mensa alle spalle del celebrante. Recentemente è stata collocata una nuova mensa di legno al centro del presbiterio rivolta all’assemblea, con la sede e l’ambone sulla destra del celebrante.
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