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Prato
Prato
basilica
cattedrale
Cattedrale
Parrocchia della Cattedrale
Piazza; Impianto strutturale; Facciata; Pulpito di Donatello; Pareti esterne; Campanile; Navate; Transetto; Monumenti d'arte; Presbiterio; Cappelle; Coro; Cappella del Santissimo; Cappella della Cintola; Fonte battesimale
presbiterio - intervento strutturale (2000)
III a.C. - 880(preesistenze carattere generale); 996 - 1097(costruzione intero bene); 1173 - 1255(reliquia della sacra Cintola intero bene); 1211 - 1211(completamento intero bene); 1312 - 1312(ampliamento intero bene); 1356 - 1358(ampliamento intero bene); 1392 - 1393(costruzione cappella della Cintola); 1428 - 1473(costruzione pulpito esterno e interno); 1435 - 1489(decorazione cappelle); 1463 - 1593(aggiunte e modifiche intero bene); 1653 - 1672(trasformazioni intero bene); 1655 - 1748(aggiunte e arrichimenti cappelle e altari); 1810 - 1854(restauri intero bene); 1871 - 1867(demolizioni e rifacimenti intero bene); 1933 - 1937(restauri intero bene); 1952 - 1960(vetrate cappella del Santissimo); 1983 - 2009(aggiunte e arricchimenti intero bene); 1984 - 2007(restauro affreschi intero bene); 2000 - 2001(ristrutturazione presbiterio)
Cattedrale di Santo Stefano
Tipologia e qualificazione basilica cattedrale
Denominazione Cattedrale di Santo Stefano <Prato>
Altre denominazioni Basilica Cattedrale di Santo Stefano
Duomo di Prato
Autore (ruolo)
Guidetto (architetto, scultore)
Giovanni Pisano (architetto, scultore)
Donatello (architetto, scultore)
Ambito culturale (ruolo)
maestranze pratesi e fiorentine (costruzione)
maestranze pratesi e fiorentine (ampliamento)
maestranze fiorentine (costruzione del pulpito esterno)
Notizie Storiche

III a.C. - 880 (preesistenze carattere generale)

Nella località dove è sorto Prato, come hanno manifestato recenti ritrovamenti, già prima del III secolo a.C. aveva preso a vivere, pressappoco dove ora si trova il Duomo, un minuscolo centro abitato, assurto in epoca romana a vicus o a pagus. Posto sul limitare della Via Cassia, dovette acquistare a livello locale un'apprezzabile rilevanza e, all'avvento del Cristianesimo nella zona pratese, la sua esigua plebs cristiana, circa il VI secolo d.C., prese a santo patrono il diacono Stefano, il protomartire particolarmente venerato nei primi secoli della nuova era. La località fu in seguito nominata locus Cornius, e già nel 880 nel locus risiedevano e vi esplicavano l'attività propria dell'ufficio che rivestivano, insieme con i notai, anche gli scabini, cioè i giudici regi.

996 - 1097 (costruzione intero bene)

Agli albori del primo millennio la località, che ormai si denominava Borgo al Cornio (996), era un ragguardevole centro di commercianti e di artefici sviluppatosi intorno alla pieve di Santo Stefano, che già era assurta a propositura. Nei pressi della pieve si era sviluppato frattanto un altro numeroso nucleo di vita associata organizzatosi intorno al «castrum» di Prato (1027), che nella seconda metà dell'XI secolo si unificò col vicino e più antico nucleo abitato del Borgo al Cornio formando quella che sarà la città di Prato. In un atto del 1084, la chiesa e pieve di Santo Stefano del Borgo al Cornio è detta «posta in Prato»; in un altro del 1085, è qualificata come «edificata nel luogo detto Prato» e, nel 1097, come «costruita e edificata nel borgo di Prato».

1173 - 1255 (reliquia della sacra Cintola intero bene)

Alcuni testi agiografici - non più remoti del '300 - attribuiscono all'anno 1173 il primo miracolo pubblico della reliquia che si custodisce tuttora nella chiesa, e cioè la cintura o cintola che la Vergine, all'atto dell'assunzione in cielo, avrebbe donato all'apostolo Tommaso, poco tempo dopo che il pratese Michele, riportatala di Terra Santa nel 1141, l'avrebbe donata alla chiesa stessa in punto di morte. La prima documentazione obbiettiva circa il culto della reliquia si ha nel privilegio del vescovo di Pistoia Guidaloste dell’8 settembre 1255.

1211  (completamento intero bene)

Il 4 giugno del 1211 maestro Guido o Guidetto, «marmolarius» della Cattedrale di Lucca, si obbligava cogli operai della Pieve, coi consoli dei mercanti e col Comune a mezzo di un contratto rogato «in claustro Sancti Stephani», a lavorare per loro, personalmente e coll'aiuto di discepoli, fino al compimento della costruzione della nuova pieve. Dieci anni dopo si ha notizia d'una questione riguardante il campanile al quale la famiglia dei Levaldini aveva appoggiato indebitamente una costruzione. Su delega del papa Onorio III il canonico della chiesa fiorentina Opizino ordinò la demolizione di quelle case.

1312  (ampliamento intero bene)

Nel 1312, avendo un certo Musciattino tentato di rubare la sacra reliquia della cintura della Vergine - cosa per cui fu subito preso, condannato e giustiziato - il giorno dopo di così sconvolgenti avvenimenti, il Consiglio generale del Comune deliberò di ingrandire la chiesa e creare un'apposita cappella nella quale la reliquia fosse più sicuramente e più onoratamente dopo tanto affronto custodita. Per ordine del Comune e per opera del pittore Bettino di Corsino furono dipinti a fresco sui muri della chiesa e il sacrilegio e l'espiazione.

1356 - 1358 (ampliamento intero bene)

Tra il 1356 e il 1357 si ha notizia del rialzamento del campanile per opera di Niccolò di Cecco del Mercia e Sano suo figliolo, mentre nel 1358 gli stessi artisti fabbricavano un pulpito esterno di marmo per l’ostensione al popolo della reliquia della Vergine. La piazza della pieve si era frattanto notevolmente ingrandita, come è oggi, per accogliere i numerosi fedeli che concorrevano a venerare la reliquia.

1392 - 1393 (costruzione cappella della Cintola)

Su disegno di maestro Lorenzo da Firenze, capomaestro del Duomo fiorentino, nel 1395 fu eretta la preziosa cappella della sacra Cintola, dove ebbe definitiva sistemazione la reliquia mariana. Le pareti furono interamente affrescate con Storie della Vergine e della sacra Cintola tra il 1392 e il 1395 da Agnolo Gaddi. Fu iniziata anche la costruzione della nuova facciata della chiesa, l'attuale, soprammessa a distanza sulla primitiva, per creare un corridoio interno che dalla cappella della Cintola conducesse al pulpito esterno, situato sul lato opposto, per la mostra della reliquia sulla grande piazza.

1428 - 1473 (costruzione pulpito esterno e interno)

Nel 1428 gli Operai della cappella della Cintola commisero a Donatello e a Michelozzo il nuovo pulpito; ma questi vi posero mano soltanto nel 1434, dando compiute le parti scultoree ben quattro anni dopo. Tra il 1434 e il 1438, Maso di Bartolommeo attendeva alla costruzione del terrazzo interno sopra la porta maggiore della chiesa e, subito dopo, alla creazione della cancellata bronzea che apparta dalle navi della chiesa la cappella della Cintola. Egli condusse l'opera a buon punto fino al 1442; fu proseguita da Bruno di ser Lapo Mazzei, da Antonio di ser Cola e infine da Pasquino di Matteo da Montepulciano, che la completò solo nel 1467. Quest'ultimo due anni dopo imprende a fare il pulpito interno, cui prestano opera Antonio Rossellino e Mino da Fiesole, e che sarà finito nel 1473.

1435 - 1489 (decorazione cappelle)

Importantissimi cicli pittorici avevano ornato le cappelle del transetto. La cappella Manassei, affrescata agli inizi del XV secolo con Storie di santa Margherita e san Giacomo da un artista dell’ambito di Agnolo Gaddi; la cappella dell’Assunta affrescata nel 1435 da Paolo Uccello con Storie della Vergine e di santo Stefano (completate da Andrea di Giusto). Ma l'ornamento maggiore fu quello che si volle colla decorazione delle pareti della cappella maggiore, eseguita da fra Filippo Lippi, con interruzioni, dal 1452 al 1464, mentre già nel 1460 era finita la finestra a vetri colorati su suo disegno. Nella cappella Inghirami veniva eretto circa il 1480 il monumento funebre di Filippo Inghirami, attribuito a Benedetto da Maiano. Nel 1489 si collocava nella lunetta del portale maggiore l'altorilievo in terracotta invetriata di Andrea della Robbia.

1463 - 1593 (aggiunte e modifiche intero bene)

Aggiunte e modifiche sono documentate nel secolo XVI. La cappella del Sacramento, eretta in adiacenza alla testata sinistra del transetto, era compiuta nel 1542; nel 1549 Zanobi Poggini eseguiva la tavola dell'altare colla raffigurazione del Cristo risorto. Sopraggiungeva fra il 1566 e il 1576 il monumento a Carlo de' Medici sopra la porta della sacrestia, ad opera di Vincenzo Danti; nel 1582 veniva predisposto un altare, su disegno del Tribolo, nella parete della nave destra in faccia alla cappella del sacro Cingolo; dal 1571 al 1579, si creava un organo con terrazzo e mostra. Poi nel 1584 fu formulata da parte dei Canonici la proposta di spostare il coro, che fin da quando la pieve era stata innalzata alla dignità di Collegiata (1463) occupava la parte centrale del presbiterio davanti all'altar maggiore, per collocarlo dietro quello stesso altare, nella cappella. Nel 1593 il fonte battesimale veniva trasferito all'interno della Chiesa nel luogo attuale.

1653 - 1672 (trasformazioni intero bene)

Nel secolo seguente, che vide nel 1653 la promozione della Collegiata a Cattedrale, maggiori e più sostanziali furono le aggiunte e le trasformazioni. Fra il 1637 e il 1638 veniva redatta nella nuova forma di balaustrata la salita al piano delle cappelle, ad opera di Cesare e Giovan Battista Cennini. Più tardi, nel 1657, se ne modificava la parte centrale introducendo una salita anche in corrispondenza dell'altar maggiore. Ma, quel che è più, fra il 1660 e il 1672, furono costruite le volte su tutte e tre le navi con disegno di Ferdinando Tacca, il quale fin dal 1653 aveva adornato l'altar maggiore del Crocifisso bronzeo. Furono introdotti altri cosiddetti « miglioramenti ».

1655 - 1748 (aggiunte e arrichimenti cappelle e altari)

In varie riprese comparirono grandi altari barocchi nel fondo delle cappelle, dei quali quello nella cappella Inghirami (1655) incorniciava una tela del Mehus; quello della cappella Manassei (1666) incorniciava il martirio di san Lorenzo del Balassi, finito dal Dolci; quello della cappella dell'Assunta (1667) conteneva la tela del Dolci coll'allegoria dell'Angelo custode; Jacopo Chiavistelli decorava la volta della cappella del Sacramento nel 1697 e, nel 1709, si consacrava finalmente l'altar maggiore. Ancora altre trasformazioni si apportavano alla cappella della Cintola, con la costruzione dell’altare in argento e marmi, che rimaneva finito nel 1748.

1810 - 1854 (restauri intero bene)

Col XIX secolo incominciano i restauri e i ripristini. Già nel 1810 era stato sostituito all'altare del Tribolo la nicchia coll'ornamento attuale; nel 1831 furono restaurati gli affreschi di Agnolo Gaddi; nel 1835 si restauravano gli affreschi del Lippi e, nel 1837, si faceva rinnovare al Catani la pittura della volta della cappella del Sacramento. Nel 1849 si iniziano più vasti restauri durati diversi anni. Fu sbassato il pavimento delle navi; i primi gradini del presbiterio, che compenetravano la base del pulpito, vennero arretrati fino ai pilastri compositi; la finestra del transetto sinistro venne chiusa per allogarvi le canne dell'organo, al cui servizio fu costruito un terrazzo neogotico al di sotto, riducendo a minime proporzioni e a forma archiacuta la porta d'accesso alla cappella del Sacramento (1852-1854).

1871 - 1867 (demolizioni e rifacimenti intero bene)

Nel 1871 infine venivano demoliti gli altari barocchi delle cappelle e l'ultima di destra riceveva la decorazione a fresco per opera d'Alessandro Franchi (1872-76); di conseguenza tutte le finestre delle cappelle minori, riaperte, furono dotate di finestre a vetri colorati. Frattanto era sopraggiunto (1867) nel transetto destro il tabernacolo della Madonna dell'Ulivo, dei fratelli Da Maiano, trasportato dai pressi di Mezzana, dove fungeva da confine sulla strada.

1933 - 1937 (restauri intero bene)

Nuovi restauri ripresero nel quarto decennio del XX secolo: nel 1933 al campanile, col rinnovamento dei trifori dei finestroni e delle mensole del coronamento. Qualche anno dopo (1936 e 1937) si disfece la vecchia cantoria dell'organo e si riaprì il finestrone in testa al transetto di sinistra, sistemando l'organo e il suo terrazzo sotto l'ultima campata della nave sinistra. Contemporaneamente fu ripristinata la decorazione a fresco delle volte del transetto e della volta a crociera della nave centrale, e soprattutto furono restaurati gli affreschi della cappella dell'Assunta (nel 1932), gli affreschi del Lippi nella cappella centrale (1935), cui seguirono quelli delle cappelle Manassei e Vinaccesi (1937) e infine il ciclo d'Agnolo Gaddi nella cappella del sacro Cingolo.

1952 - 1960 (vetrate cappella del Santissimo)

Dopo la guerra, nel 1952, è stato adornato l'ingresso alla Cappella del Sacramento degli antichi pietrami recuperati, coll'aggiunta di una debita integrazione; nel 1960 Giorgio Hajnal realizzò le vetrate della cappella del Santissimo e della bifora soprastante la cappella.

1983 - 2009 (aggiunte e arricchimenti intero bene)

Nel 2009 è stata collocata nella navata sinistra del Duomo la “Porta della luce”, opera dello scultore Pino Spagnulo: una grande lastra d'acciaio forgiata nel fuoco, segnata da un Tau profondo che quasi fa intravedere l'apertura di una porta, come richiamo alla luce della resurrezione per il sottostante sepolcro dei vescovi di Prato. Nella cappella della Cintola, Emilio Greco aveva ornato l’altare di un pregevole paliotto con la Dormitio Virginis (1983) e, di recente, l’orafo Paolo Babetto ha creato la nuova teca che custodisce la Sacra Cintola (2008) .

1984 - 2007 (restauro affreschi intero bene)

Nel 1984 è iniziato il complessivo restauro architettonico della Cattedrale, con importanti acquisizioni per la conoscenza del monumento, restauro che ha poi interessato gli importantissimi cicli pittorici presenti nella chiesa nelle cappelle Vinaccesi, dell'Assunta, Manassei, Inghirami, del Santissimo Sacramento e della Cintola. Il restauro di uno dei grandi capolavori del Rinascimento, il ciclo pittorico di affreschi di Filippo Lippi nella cappella maggiore, è stato inaugurato nel maggio 2007.

2000 - 2001 (ristrutturazione presbiterio)

Una modifica di rilievo è stata apportata nella chiesa, per motivi liturgici, alla zona del transetto, dove sono state collocate tre importanti opere di Robert Morris, donate da Giuliano Gori. L’altare (2000), di purissima volumetria, è un parallelepipedo in marmo di Alicarnasso; l’ambone e il candelabro (2001) sono in bronzo e marmo rosso.
Descrizione

La cattedrale di Santo Stefano, ristrutturata dal X al XV secolo, è una delle più belle chiese della Toscana per l'equilibrata purezza dei volumi e la vibrante bicromia dei paramenti. La facciata tardo gotica ha nel ricco portale una raffinata maiolica di Andrea Della Robbia (1489), mentre nell'angolo si inserisce il geniale pulpito di Donatello e Michelozzo, concluso nel 1438, creato per l'ostensione pubblica dell'importante reliquia della sacra Cintola della Madonna, che ancora oggi si mostra per Natale, Pasqua, il 1° maggio, il 15 agosto e, nelle forme più solenni, l'8 settembre, Natività di Maria. Lo slanciato campanile a torre, dei primi del Duecento, è concluso da una aerea cella gotica a grandi trifore. L’interno, con tre navate romaniche, del primo Duecento, divise da ampie arcate su preziose colonne in serpentino verde con raffinati capitelli, opera di maestro Guidetto, e il vasto transetto trecentesco, attribuito a Giovanni Pisano, conserva affreschi di Paolo Uccello (cappella dell'Assunta), di Alessandro Franchi (cappella Vinaccesi) e il più celebre ciclo di fra Filippo Lippi (cappella maggiore). Custodisce il tabernacolo della Madonna dell'Ulivo dei fratelli Da Maiano (1480), l'elegante pulpito rinascimentale in marmo bianco (1469-73), dall'esile forma a calice con rilievi di Antonio del Rossellino, e opere di Emilio Greco, Robert Morris e Pino Spagnulo. Nella cappella della Sacra Cintola, protetta da una cancellata in bronzo ispirata a motivi naturalistici e vegetali, di Maso di Bartolomeo (1442), e affrescata da Agnolo Gaddi (1395), l’altare argenteo settecentesco, che racchiude la preziosa reliquia mariana, è coronato dalla marmorea Madonna col Bambino (1301), capolavoro di Giovanni Pisano.
Piazza
Nell'area dell’attuale piazza del Duomo intorno alla pieve dedicata al protomartire Stefano, si sviluppò il più antico nucleo della città, il «locus Cornius», che nell'XI secolo si fuse col contiguo nucleo sorto attorno al «castrum» di Prato. Sul fianco della chiesa era l'antica piazza pubblica, dal XII secolo vero cuore religioso e civile della cittadina, sulla quale prospettava anche il palazzo della Curia del Comune. Allineato col palazzo, davanti alla facciata della pieve, era il battistero di San Giovanni Rotondo, a pianta ottagonale. Il palazzo della Curia insieme con il battistero e molti edifici privati furono abbattuti nel 1290-1293, per ampliare la piazza in funzione della cresciuta importanza della pieve e delle ostensioni pubbliche della reliquia della Cintola della Madonna, e per mercati, feste religiose, giochi.
Impianto strutturale
La Cattedrale, pur mostrando interventi che vanno dal X al XV secolo, appare unitaria per l'equilibrata, geometrica purezza dei volumi e la vibrante bicromia dei paramenti in alberese e serpentino, il cosiddetto marmo verde di Prato. Fondata nel VI-VII secolo e ricostruita nel X, la pieve crebbe di importanza con lo sviluppo della città, e dalla metà del 1100 agli inizi del Duecento fu ampliata e totalmente ristrutturata ad opera di Guidetto, autore anche della facciata del Duomo di Lucca. Ulteriori trasformazioni si collegano alla presenza nella chiesa della veneratissima reliquia della Sacra Cintola, e al culto mariano: nella prima metà del Trecento vennero costruiti il transetto, quindi la cappella della Cintola e una nuova facciata, che portarono la pieve, elevata a Cattedrale nel 1653, alle forme che, con poche modifiche, tuttora conserva.
Facciata
Raro esempio di struttura tardogotica è la facciata basilicale (1386 -1457), soprammessa a quella romanica, su progetto di Lorenzo di Filippo, capomaestro di Santa Maria del Fiore, per creare un corridoio interno che dalla cappella della Cintola conducesse al pulpito esterno per l'ostensione della reliquia. La facciata è divisa in tre zone da paraste lisce poggianti su un basamento in alberese con cornice in serpentino, che prosegue anche sul fianco; la parte inferiore, fino all’imposta dell’arco del portale, è formata da un regolare paramento in alberese, mentre la zona superiore è alleggerita e resa vibrante dalle fasce di pietra bianche e nere, quasi a formare un fondale inconsistente che sfuma nell’atmosfera attraverso il coronamento a rosoni traforati a quadrilobi in arenaria. I pilastri centrali e laterali del prospetto sono coronati da statue. Nella zona centrale, fu realizzato nel 1457 l’orologio al posto di un rosone traforato previsto nel progetto trecentesco. Il paramento in alberese del prospetto della cappella della Cintola è arricchito da una nicchia a stella con cornice in serpentino.
Pulpito di Donatello
Al centro della facciata è il ricco portale ogivale, realizzato nel 1412-1423, su disegno di Giovanni d’Ambrogio e Niccolò di Piero Lamberti, che nella lunetta ospita un altorilievo in terracotta invetriata bianca e azzurra con la Madonna col Bambino e i santi Stefano e Lorenzo (1489), di Andrea della Robbia. L'episodio più noto e significativo della facciata, nella quale si inserisce con un perfetto senso della misura, è il geniale pulpito di Donatello e Michelozzo (1428-1438), nato in funzione dell'ostensione della reliquia della Sacra Cintola. Il bel capitello bronzeo di Donatello, fuso nel 1433 da Michelozzo e Maso di Bartolomeo, fa da base alle cornici marmoree concentriche che evidenziano l'effetto centrifugo del pulpito, il cui parapetto - l'originale è nel contiguo Museo dell’Opera - simula un tempietto circolare dentro il quale gruppi di putti intrecciano vivaci e festosi girotondi o farandole. Uno slanciato, elegante baldacchino a ombrello corona il pulpito.
Pareti esterne
Il fianco meridionale, ristrutturato nella seconda metà del XII secolo, è scandito da nove arcate cieche irregolari con archi a conci alterni in marmo bianco e serpentino verde, con due portali fiancheggiati da allungate colonne con capitelli fogliati e arricchiti da intarsi che ornano gli stipiti e gli architravi a piattabanda. Il portale di destra richiama al tentato furto della Cintola, del 1312: secondo la tradizione una mano mozzata al ladro, Musciattino, fu gettata contro la chiesa, lasciandovi indelebile un segno di sangue: la traccia bruna nell'ultimo blocco a sinistra dell'architrave. Diverso dagli altri prospetti della chiesa è il fianco settentrionale che, chiuso negli spazi della dimora dei canonici, conserva un omogeneo paramento in dura pietra d’alberese dell’XI secolo e rozzi arcaizzanti rilievi sulle tre monofore.
Campanile
Nel bellissimo campanile a torre dei primi del Duecento, su progetto di Guidetto, lo slancio verticale è mitigato dai marcapiani che lo dividono in sei ordini: nel primo l'arcata aperta fungeva da cavalcavia; i tre ordini seguenti sono forati da bifore, che divengono molto ampie nel penultimo, più allungato e alleggerito da ricorsi bicromi. Ne ripete armonicamente i motivi la cella superiore, aperta da grandi trifore, che venne aggiunta nel 1356 dal senese Niccolò del Mercia. Al campanile si appoggia il compatto blocco in alberese del transetto, completato nel 1368 da Francesco Talenti e Giovanni Ghini, capomaestri del Duomo di Firenze. Sul retro le cinque cappelle prendono luce da monofore (in origine bifore) archiacute con ghiera bicroma.
Navate
All'interno la chiesa presenta un aspetto unitario, nonostante i numerosi interventi; le tre suggestive navate, frutto dei lavori di Guidetto intorno al 1211, sono divise da sei ampie, solenni arcate per lato su robuste, preziose colonne in serpentino verde, che richiamano al Romanico fiorentino, con raffinati capitelli a motivi vegetali ed elementi figurati con teste umane e leonine. Arcate e pareti soprastanti alternano fasce di alberese e marmo verde. Le volte, sopra le quali esistono ancora gli antichi soffitti a capriate e travi dipinti, realizzate su progetto di Ferdinando Tacca nel 1675-1677, sono a crociera nelle navate laterali, a botte nella maggiore con unghiature nelle quali si inseriscono dieci finestroni leggermente centinati. Al termine della quinta campata la chiesa è rialzata da tre gradini: qui si elevava nel Duecento la parete del presbiterio, sotto il quale era ricavata una cripta.
Transetto
La sesta campata, con un’alta copertura a crociera con costoloni sulle tre navate, si conclude con colonne uguali alle precedenti, consentendo un passaggio lineare tra la chiesa antica e gli spazi più dilatati e luminosi del transetto trecentesco. Queste colonne, però, non potrebbero sostenere l'enorme peso delle coperture se l'abilissimo architetto, secondo la tradizione, Giovanni Pisano, non avesse realizzato, sopra le volte visibili dal basso, un enorme arco che ricollega le pareti esterne della chiesa e sorregge il tetto. La paternità del progetto, del 1315 circa, non è certa, ma il transetto è sicuramente opera di un artista formatesi, come Giovanni, alla scuola di Nicola Pisano: le cinque altissime volte a crociera con costoloni, decorate nel 1368, hanno naturale conclusione nelle cappelle absidali a pianta quadrata, divise da alti semipilastri a fasce bicrome, illuminate da ampie vetrate e, soprattutto, preziose per i cicli pittorici che accolgono.
Monumenti d'arte
Vero capolavoro rinascimentale è, sulla destra del transetto, il tabernacolo della Madonna dell'Ulivo, realizzato nel 1480 dai fratelli Da Maiano per una cappellina nei dintorni di Prato, con bella nicchia rinascimentale e bassorilievo marmoreo con la Pietà sul quale poggia la Madonna col Bambino, in terracotta, preziosa nelle forme piene, dal modellato morbido e raffinatissimo, opera del più celebre dei fratelli, Benedetto. Vicino è il bellissimo candelabro in bronzo (1440) di Maso di Bartolomeo, a forma di allungato vaso anticheggiante dal quale fuoriescono sette carnosi steli vegetali. Lungo la navata sinistra, sotto la quinta campata, raffinata è l'esile forma a calice del pulpito interno in marmo bianco (1469-1473): la base, con inquietanti sfingi, è di Pasquino da Montepulciano, mentre il parapetto ha notevoli rilievi di Antonio del Rossellino (Assunta, Lapidazione di santo Stefano e Esequie del santo), di un pittoricismo vibrante; meno felici gli altri rilievi, eseguiti da Mino da Fiesole. Di fronte alla cappella della Cintola è posto un piccolo, venerato Crocifisso ligneo di forte espressività, opera altissima di Giovanni Pisano, dei primi del Trecento, che durante la processione in Prato dei pellegrini Bianchi, nel 1399, sanguinò dal braccio sinistro, operando in seguito vari prodigi.
Presbiterio
In continuità d’arte e di fede e nello spirito del Concilio, per motivi liturgici, in particolare per le celebrazioni pontificali, la zona centrale del transetto è stata adibita a presbiterio e, su progetto dell’artista americano Robert Morris, è stato illuminato da un nuovo altare in marmo bianco di Alicarnasso di suggestiva trasparenza e arricchito di un candelabro e di un ambone in bronzo a forma di manto con pietre rosse a richiamare il martirio del Santo patrono (2000-2001). Dal 2009 nella navata sinistra è la “Porta della luce”, opera dello scultore Pino Spagnulo: una grande lastra d'acciaio forgiata nel fuoco, forata da un Tau che fa intravedere l'apertura di una porta come richiamo alla luce della resurrezione per il sottostante sepolcro dei vescovi di Prato.
Cappelle
Le cappelle del transetto sono precedute dalla ricca balaustrata presbiteriale in marmi pregiati e intarsi di pietre dure, progettata dal cortonese Bernardino Radi (1638), con modifiche di Pier Francesco Silvani. Nella parte basamentale sono inserite alcune lastre in marmo bianco con stemmi e cherubini, resti del coro rinascimentale di Francesco Ferrucci. Da destra, la cappella Vinaccesi conserva un notevolissimo, venerato Cristo deposto in legno dipinto (secondo quarto del XIII secolo), ed è ornata da un pregevole ciclo di affreschi con elaborate Scene bibliche (1872-1876) del pratese Alessandro Franchi, ricchi e studiatissimi nel disegno, di gusto "nazareno". La cappella dell'Assunta ha pareti affrescate nel 1435 da Paolo Uccello con Storie della Vergine e di santo Stefano (completate da Andrea di Giusto), che mostrano una stravagante fantasia nelle scene incantate, con colori definiti e vivaci e linee eleganti, ma con una sensibilità rinascimentale nella resa dei volumi e nelle architetture, di gusto brunelleschiano. Notevoli a sinistra la Disputa di santo Stefano e all'opposto la Natività della Vergine, con le imponenti donatrici, e l’Andata della Vergine al tempio. Tra le scene condotte da Andrea di Giusto, il Matrimonio della Vergine si basa probabilmente su un disegno di Paolo Uccello. Oltre la cappella maggiore è la cappella Manassei, interamente affrescata agli inizi del XV secolo, con Storie di santa Margherita e san Giacomo, da un artista dell'ambito di Agnolo Gaddi, che utilizza forme nettamente racchiuse entro contorni ben delineati, e un chiaroscuro deciso. Nella cappella Inghirami il monumento funebre di Filippo Inghirami (1480 circa) è attribuito a Benedetto da Maiano, mentre la vetrata ottocentesca riutilizza frammenti del primo Cinquecento, epoca in cui quasi tutte le vetrate della chiesa furono rinnovate.
Coro
Nella cappella maggiore l'altare in marmo bianco con pannelli e paliotto a intarsi policromi, con parti a commesso, opera del Radi (1638-1640), è sormontato da un Crocifisso bronzeo (1653) di Ferdinando Tacca, di elegantissime proporzioni. Le pareti della cappella, sopra gli stalli secenteschi a doppio ordine del coro, sono interamente affrescate con Storie di santo Stefano e san Giovanni Battista (1452-1465), il più celebre ciclo di fra Filippo Lippi. Le figure, di concezione monumentale, sono avvolte in vaporosi panneggi e rese leggere dalla luminosità della pennellata e dall'assenza di contorni netti, e si inseriscono in prospettive piegate all'effetto scenografico. Tra le storie di santo Stefano, a sinistra, nella fascia centrale è notevole la figura di Stefano che si congeda dal vescovo Giuliano; la scena più bassa, con le Esequie del santo, ambienta in una basilica paleocristiana due gruppi compatti, in primo piano: l'imponente figura in vesti rosse è Pio II, mentre all'estremità destra è l'autoritratto del Lippi. Nella parete opposta la scena mediana dilata il racconto sull'omogeneo fondale roccioso (grandioso è il gruppo con Giovannino che lascia i genitori: forme chiuse l'una sull'altra nel dolore del distacco). Anche lo scenografico salone della scena inferiore riunisce varie vicende: la composta danza di Salomè, che poi, assente e luminosa, porge la testa del Battista a Erodiade, la cui freddezza impassibile contrasta con le studiatissime espressioni dei convitati. Anche la vetrata dai colori intensi e caldi, eseguita nel 1459 da Lorenzo da Pelago, fu disegnata dal Lippi.
Cappella del Santissimo
La porta che dà accesso alla sacrestia, accosto alla cappella Inghirami, fu utilizzata nel 1565-1566 da Vincenzo Danti come base per il monumento sepolcrale a Carlo de’ Medici, proposto di Prato morto nel 1494, mentre ai piedi della balaustrata, sulla parete sinistra del transetto si apre la cappella del Santissimo Sacramento, costruita nel 1534-1545. L’arcone di accesso, opera di Giovanni Camilliani, è ornato da un classicheggiante rilievo a festone con rosoni nel sottarco. La volta a botte della cappella è ornata da tempere di Luigi Catani (1837) con la Resurrezione.
Cappella della Cintola
L’ultima campata sinistra presso la porta d’ingresso è occupata dalla preziosa cappella della Sacra Cintola (1386-1390), dove nel 1395 ebbe definitiva sistemazione la reliquia mariana, che la tradizione fa giungere a Prato nel 1141. La cappella, progettata da Lorenzo di Filippo, ha pareti interamente affrescate con Storie della Vergine e della Sacra Cintola, ciclo di sorprendente unità figurativa dipinto tra il 1392 e il 1395 da Agnolo Gaddi, che con tecnica perfetta ricrea narrazioni godibili nei particolari, dai colori luminosi e suggestivi. Le storie mariane si arricchiscono di vivaci episodi nel Matrimonio della Vergine, o si fanno maestose, come nell’Annunciazione o nell'Incoronazione, mentre le Storie della Cintola, sulla parete destra, sono più libere e dinamiche (come la Nave che riporta Michele e la moglie in Italia, o il Ritorno di Michele a Prato, con una sintetica veduta della città). L’elegante altare settecentesco in argento e marmi è coronato da una statuetta in marmo bianco del primo Trecento, capolavoro di Giovanni Pisano: la Madonna col Bambino, essenziale ma estremamente raffinata, alleggerita dalle dense pieghe che generano un moto ascendente concluso nel colloquio di sguardi tra la Madre e il Figlio, che la incorona. Delle tre chiavi necessarie per estrarre la reliquia dal paliotto (ornato dalla pregevole Dormitio Virginis di Emilio Greco, del 1983) due sono presso il Comune, l'altra in Cattedrale. La cappella è chiusa da una splendida cancellata in bronzo (1438-1468), capolavoro rinascimentale di Maso di Bartolomeo, completata da Antonio di Cola e Pasquino da Montepulciano. Il motivo gotico del quadrilobo, rivitalizzato con spunti naturalistici, si arricchisce nei fregi di steli carnosi, puttini, animali, di un fresco naturalismo.
Fonte battesimale
Maso di Bartolomeo realizzò anche il terrazzo interno (1435-1438), accessibile dalla cappella della Cintola, e aperto verso la chiesa con un ampio arco a pieno centro su pilastri scanalati e destinato, insieme col pulpito di Donatello, alle ostensioni pubbliche della Cintola. Sul fondo del terrazzo è collocata una pregevole tavola con l'Assunta che dà la cintola a san Tommaso (1508 circa), di Ridolfo del Ghirlandaio. A destra della porta d’ingresso è la cappelletta del battistero, ricavata nello spazio tra le due facciate, con fonte battesimale a vaso in serpentino mischio di Figline (1596), e chiusa da una cancellata in ferro battuto a quadrilobi del 1348.
Adeguamento liturgico

presbiterio - intervento strutturale (2000)
per le celebrazioni pontificali e della messa verso il popolo è stato adibito a presbiterio parte del transetto centrale con la costruzione di un nuovo altare, di purissima volumetria, costituito da un parallelepipedo in marmo di Alicarnasso (2000), dell’ambone e del candelabro (2001) in bronzo e marmo rosso.
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