Notizie Storiche |
I - IV (preesistenze intorno)
L'area in cui sorge la chiesa in epoca romana ospitò una consistente area cimiteriale; ne fanno fede i numerosi ritrovamenti archeologici (un'ara, alcuni sarcofagi, numerose epigrafi, monete) rinvenuti nel corso del XIX secolo, che testimoniano inoltre il ruolo di rilievo dell'abitato di Romeno in età romana, in virtù della propria posizione strategica presso il punto di incontro di tre importanti percorsi viari anauni.
V - VI (preesistenze intero bene)
Il rinvenimento, nel primo quarto del XX secolo, di un reliquiario argenteo datato tra il V ed il VI secolo, dunque anteriore alla prima ipotetica fase edilizia della chiesa, ha portato a postulare l'esistenza di un edificio di culto paleocristiano, del quale, però, non sono state finora rinvenute tracce (incerta).
VIII - X (costruzione intero bene)
La tipologia architettonica della cappella è stata associata da Francisci (2007) a esemplari di edifici di culto simili situati nell'area venostana ed elvetica, permettendo così di collocare ipoteticamente l'erezione del nucleo primitivo tra i secoli VIII e X.
1100 - 1191 (ampliamento intero bene)
Sulla base dei dati archeologici e storico-stilistici desunti dalla bibliografia, si ipotizza che il nucleo originario, consistente in una cappella dotata di un'abside maggiore e di un'absidiola meridionale sia stato ampliato nel corso del secolo XII; a questo periodo risalirebbe l'erezione dell'abside settentrionale e della relativa fiancata.
1191 (menzione carattere generale)
La menzione più antica che attesta l'esistenza del luogo di culto risale ad un documento stilato in questo anno che attesta la presenza del vescovo Corrado da Beseno nella corte vescovile di Romeno per audizioni inerenti alcune liti e controversie. Il documento, oltre a confermare la presenza di una curia vescovile a Romeno, specifica che questa si trovava nei pressi della chiesa, intitolata a San Bartolomeo; la nota è riportata da Ruffini (2007).
1200 - 1210 (costruzione xenodochio intorno)
Un edificio situato nei pressi della chiesa, adibito successivamente a struttura ospitaliera, viene eretto probabilmente in questo periodo.
1213 (menzione intero bene)
Una delle prime menzioni del tempio, citata da Lenzi (2013) risale al testamento di tale Iohannes Adelmote di Romeno rogato nell'edificio di culto, in cui il testante, converso della cappella, dona alla "capella Sancti Thomei" alcuni fondi, destinati alla lavorazione da parte di alcuni "cohabitatores suprascripte capelle". Il testamento prescriveva che la lavorazione dei fondi dovesse garantire le entrate per l’acquisto dell’olio destinato all'illuminazione della chiesa. La presenza di un converso e di un nucleo di confratelli ("cohabitatores") permette di datare ipoteticamente in questo anno la fondazione della struttura ospitaliera situata in loco.
1214/09/07 (menzione ospizio intorno)
In un documento risalente al 1214 il vescovo Federico Vanga concedeva a Giovanni, converso di San Bartolomeo, i servigi di tale Domenico Peverello; il converso ed i suoi successori vennero in quell'occasione esentati da ogni tassa, alla condizione che essi avessero continuato a dimorare presso l'ospizio. Il documento è stato impugnato da alcuni autori come prova della fondazione, in quell'anno, dell'istituzione ospitaliera; in realtà, pare che una confraternita si fosse stabilita in loco almeno dall'anno precedente, come testimonia il testamento di Iohannes Adelmote.
1214 - 1229 (impianto decorativo interno)
A questo periodo risale il ciclo pittorico ad affresco che impreziosisce le pareti interne, realizzato contestualmente al rafforzamento istituzionale ed economico della struttura monastica e ospedaliera adiacente (testimoniato da un documento risalente al 1225).
1249 (menzione ospizio intorno)
Una delle prime menzioni della struttura edilizia destinata all'accoglienza di pellegrini e viandanti, sorta nei pressi della chiesa, risale ad un atto stilato nel 1249, rogato "in loco s. Thomei, de plebe Romeni, sub domo ante furnum eclesiae". La struttura pare fosse già adibita a monastero e ospizio da circa trent'anni; la gestione del monastero, facilitata da numerosi lasciti, vide coinvolta, per circa tre secoli, una confraternita religiosa capitanata da un rettore (citato con questo termine già dal 1223) e, successivamente, da un priore.
1490 - 1509 (abbandono xenodochio intorno)
Il monastero viene abbandonato da parte della confraternita religiosa in questo periodo, dopo un lungo periodo di declino.
1537 (menzione intero bene)
Il declino della struttura monastica che amministrava la zona tra i secoli XIII e XV deve aver influito anche sulle condizioni della chiesa, che in effetti, negli atti della visita pastorale del vescovo Bernardo Clesio, sono descritte in termini di deterioramento e abbandono. Si fa riferimento, nello specifico, al degrado della copertura, del campanile a vela (oggi assente), e all'assenza di arredi liturgici.
1579 - 1605 (restauro intero bene)
Alle condizioni di degrado già riportate dagli atti visitali del 1537 non venne probabilmente posto rimedio, dato che i visitatori vescovili nel 1579 ordinarono celeri interventi di restauro al fine di evitare il crollo della chiesa. Di detti interventi si fece carico Nicolò de Micheli di Casez, il quale, in virtù dei meriti ottenuti facendo restaurare il maso e la chiesa e recuperando ad un certo reddito anche i fondi annessi, venne investito del maso.
1593 (passaggio di proprietà intero bene)
Per volere del principe vescovo Ludovico Madruzzo, la chiesa, l'ospizio annesso ed il relativo fondo vengono incamerati ai possedimenti del Seminario di Trento.
1695 - 1710 (scialbatura impianto decorativo)
I visitatori vescovili, in questo anno, ordinarono di scialbare i dipinti murali dell'abside, restaurare ed imbiancare le pareti e rinnovare la copertura. Di detti ordini, soltanto quello relativo agli affreschi fu eseguito; dagli atti della visita pastorale del 1710 emerge che la struttura presentava ancora le debolezze strutturali riportate quindici anni prima, dovute al degrado dell'arcata che reggeva il campanile a vela e all'incuria da parte dell'enfiteuta del maso, Marino Calliari, al quale il pievano di Romeno aveva inutilmente ingiunto di intervenire in proposito.
1742 (menzione altari)
Durante la visita pastorale di questo anno, gli emissari vescovili decisero di compiere una ricognizione presso gli altari, al fine di verificarne l'avvenuta consacrazione. Rinvenute alcune reliquie presso l'altare laterale sinistro, si ritenne che anche gli altri due altari fossero stati consacrati, ma si vietò di celebrare all'altare destro, a causa delle sue ridotte dimensioni.
1743 - 1751 (lavori interno)
Gli atti visitali del 1751 riportano che il soffitto era stato puntellato con una trave lignea, collocata presumibilmente dopo il 1742, dato che i visitatori vescovili di quell'anno non ne fanno menzione; l'intervento è testimone, ancora una volta, delle costanti condizioni di abbandono in cui versava la chiesa.
1766 (menzione intero bene)
Le condizioni di degrado della chiesa, testimoniate a più riprese nel corso dei secoli, sembrano farsi più gravi in questo anno; i visitatori vescovili ritennero in questa occasione che in assenza di interventi conservativi ad opera dell'affittuario del vicino maso sarebbe stato opportuno demolire l'edificio.
1825 (parziale demolizione intero bene)
Gli atti visitali del 1825 riportano l'ennesima ingiunzione di riparare ai danni strutturali dell'edificio mediante un intervento scrupoloso, e la sospensione della chiesa dal culto; i proprietari dell'attiguo maso si limitarono, anziché seguire le disposizioni vescovili, a demolire indebitamente la metà anteriore dell'edificio, rendendo necessaria la riedificazione della facciata.
1856 (restauro intero bene)
In questo anno viene realizzato un intervento di restauro della struttura, promosso dall'allora soprintendente, che si concreta nel rinnovo della copertura, nel consolidamento delle pareti, nello sbancamento della zona absidale.
1923 - 1927 (restauro intero bene)
Grazie all'interessamento di don Luigi Rosati, in questo anno viene realizzata una campagna di interventi di restauro, volti ad alleggerire il peso supportato dalle pareti rimuovendo il soffitto in muratura e sostituendolo con un tavolato ligneo; nel corso degli interventi emerge parte degli affreschi interni, scialbati nel XVII secolo, e viene demolito l'antico altare in muratura aderente all'abside maggiore, riassemblato utilizzando come base un'ara romana anepigrafa già facente parte dell'altare. L'impianto decorativo, studiato per la prima volta da Giuseppe Gerola, subisce un'opera di restauro tra il 1926 ed il 1927.
1987 - 1993 (restauro intero bene)
Sotto la direzione dell'architetto Ermanno Tabarelli de Fatis e del geometra Roberto Ceccato si procede ad un'opera di restauro conservativo, che vede la realizzazione di un drenaggio perimetrale, la sostituzione del manto di copertura, il consolidamento delle volte absidali, la manutenzione della soffittatura lignea. Tra il 1991 ed il 1993 gli intonaci e gli affreschi interni subiscono alcuni interventi conservativi.
2011 - 2012 (restauro intero bene)
Su progetto dell'architetto Gabriele Zini, si procede alla posa degli impianti di illuminazione e anti intrusione e al rinnovo del manto di copertura e della lattoneria. |
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