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adeguamento liturgico
Milano
Milano
chiesa
rettoria
S. Tomaso in Terramara
Parrocchia di Santa Maria del Carmine
Impianto strutturale; Cicli affrescati; Pavimenti e pavimentazioni
presbiterio - intervento strutturale (1990)
XI - XI(costruzione intero bene); 1580 - XVI(ricostruzione intero bene); 1589 - 1590(completamento coro e campanile); 1602 - XVII (ribaltamento intero bene ); 1633 - 1640(completamento cappella laterale delle Reliquie); 1779 - 1779(progettazione altare maggiore); 1821 - 1822(restauro cappella laterale delle Reliquie); 1825 - 1827(completamento facciata); 1938 - 1940(restauro interno); 1990 - 1990(adeguamento liturgico presbiterio)
Chiesa di San Tomaso in Terramara
Tipologia e qualificazione chiesa rettoria
Denominazione Chiesa di San Tomaso in Terramara <Milano>
Altre denominazioni S. Tomaso in Terramara
Autore (ruolo)
Meda, Giuseppe (rifacimento )
Bassi, Martino (coro e campanile )
Zanoia, Giuseppe (altare maggiore)
Arganini, Girolamo Franco Pasquale (restauro e facciata)
Pestagalli, Pietro (restauro altare laterale)
Mezzanotte, Paolo (restauro altare laterale)
Muzio, Giovanni (pavimento)
Guida Bombarda, Giovanni Battista (completamento cappella laterale e canonica)
Ambito culturale (ruolo)
maestranze lombarde ( costruzione )
Notizie Storiche

XI  (costruzione intero bene)

La prima menzione della chiesa risale all'XI sec, quando già l'intitolazione era accompagnata dalla denominazione popolare di “in Terra Amara” o, come è più frequente, 'in Terramara' (o anche 'Terramala'), di incerta e dibattuta interpretazione, ma in uso per distinguerla dall’omonima, pure esistente nel settore di porta Comasina, e intitolata a S. Tomaso “ad Crucem” o “in Cruce de Sigeriis”. Quest’ultima, nota nei secoli anche come 'in Cruce Sichariorum', fu probabilmente cappella gentilizia della famiglia dei 'Sigerii'. Quanto al S. Tomaso “in Terra Amara”, è suggestiva la recente ipotesi, ossia che la chiesa “avrebbe invece tratto origine da un nucleo di clero e fedeli immigrato in città forse per sfuggire alle invasioni ungare o saracene del X secolo e che avrebbe mantenuto il nome della località d'origine - Terramara, appunto - per distinguersi dalla parrocchia ospitante” (Saita, Santoro).

1580 - XVI (ricostruzione intero bene)

Nel 1574, Carlo Borromeo elevò la chiesa a collegiata, riunendovi i canonicati di pievi periferiche soppresse o riorganizzate (Brebbia, Monate). Ne seguì un programma di ridefinizione architettonica che risulta in corso attorno al 1580. Scopo delle opere era quello di ribaltare l’ingresso verso la strada pubblica, in ciò assecondando le disposizioni del cardinale per rendere gli spazi ecclesiastici più accessibili ai fedeli; ma si scelse di mantenere l’antico orientamento a est, pur nell’ambito del nuovo respiro tardo cinquecentesco conferito alla fabbrica. Giuseppe Mongeri, ispezionando porzioni della facciata (oggi sopravvissuta solo in parte per il ribaltamento della costruzione, effettivamente eseguito decenni avanti), ossia “avanzo di porta coi pilastri a capitelli ionici” (Ponzoni) ne attribuì il disegno a Vincenzo Seregni, seppur in contrasto con le più antiche fonti (Borsieri, cit. in Mezzanotte) che individuavano l’autore in Giuseppe Meda, secondo la lezione oggi prevalente.

1589 - 1590 (completamento coro e campanile)

Qualche dato in più proviene dal regesto della Raccolta Ferrari (disegni di fabbriche milanesi del XVI/XVIII sec.), oggi conservata nella Biblioteca Ambrosiana. Vi è traccia di "capitoli" di intervento redatti da Martino Bassi il 18.IX.1589 per "coro, campanile e altro" nella chiesa, lavori che sarebbero stati conclusi 14.IX.1590, almeno per il coro ("misure e prezzi [...] de' lavori fatti al coro) e liquidati il 13.X. di quell'anno ("relazione"). La notizia, sinora poco ribadita, non pare comunque in contrasto con le opere alla facciata riportate nelle fonti edite, anzi, prefigura un cantiere unitario tra prospetto (dal 1580) e coro (1589-90), anche se probabilmente sotto regie differenti.

1602 - XVII  (ribaltamento intero bene )

A partire dal 1602 il progetto fu ripreso e portato in qualche modo a completamento. È, invece, poco chiaro quando si giunse all’orientamento attuale, con ingresso da via Broletto, forse già nel XVII sec. (Mezzanotte: “nel Seicento si discusse per mutar posto alla facciata”), forse nel corso del secolo successivo.

1633 - 1640 (completamento cappella laterale delle Reliquie)

Tra il 1633 e il 1640 il cantiere della chiesa fu affidato nelle mani dell'ingegnere Gio. Batta Guida Bombarda. Al centro degli interessi per arrivare al completamento di porzioni fondamentali del complesso erano allora la cappella delle reliquie ("convenzione per terminale la Cappella della S. Reliquia", s.d.) e la canonica, settore dove l'ingegnere intervenne con diversi lavori tra il 1633 e il 1640 (da: regesto documenti Raccolta Ferrari, Biblioteca Ambrosiana).

1779  (progettazione altare maggiore)

Di certo la chiesa era ultimata nella disposizione attuale negli ultimi decenni del XVIII sec.; nel 1779, infatti, al centro dell’abside rivolta a ovest, fu innalzato l’altare maggiore secondo il disegno di Giuseppe Zanoia.

1821 - 1822 (restauro cappella laterale delle Reliquie)

Nel 1821 la fabbriceria della chiesa incaricò Pietro Pestagalli della riforma dell’altare della cappella di S. Martino “in cui si conservano molte reliquie di corpi santi, che si vogliono esposte in tante separate cellette di varie grandezze”. Al progetto di riforma era unito il rilievo “in scala minore” dell’altare nello stato vecchio. I lavori furono avviati nel 1822, sostanzialmente rispettando il disegno seicentesco della mensa; furono dorati i capitelli delle colonne, fu ricostruito quasi per intero il frontone; furono introdotti due angeli dorati posti a sorreggere la corona in rilievo recante l’iscrizione RELIQUIAE SS. MARTIRUM.

1825 - 1827 (completamento facciata)

Il prospetto rimase al rustico sino al 1825, anno in cui Girolamo Arganini iniziò una nuova, ingente campagna di lavori che culminò nel 1827 e portò finalmente a ornare la chiesa con una facciata compiuta. Contemporaneamente, furono portati a termine i disegni per la sacrestia e il campanile.

1938 - 1940 (restauro interno)

Nel 1938 fu rinnovato il pallio dell’altare; nel medesimo anno, l'architetto Paolo Mezzanotte si interessò dei restauri all'altare del Crocefisso. L'anno seguente, il parroco Alessandro Tamborini avanzò in curia la richiesta per il rifacimento del pavimento della chiesa secondo il disegno di Giovanni Muzio.

1990  (adeguamento liturgico presbiterio)

Nel 1990, infine, furono apportati nuovi cambiamenti sotto la direzione degli architetti Brivio e Macchi: l'adeguamento liturgico del presbiterio, in cui dall’altare venne staccata la mensa marmorea per essere spostata al centro del presbiterio, e l'introduzione di nuovi confessionali.
Descrizione

La chiesa di San Tomaso in Terramara è orientata in direzione est-ovest; la facciata si rivolge verso via Broletto, il fianco sinistro su via San Tomaso e quello destro confina con un edificio d’abitazione. La facciata principale, costruita in pietra calcarea, è formata da un pronao esastilo con capitelli ionici che sorreggono una trabeazione con fregio (iscrizione “Divo Thomae Apostolo”) e grande timpano. Sopra al pronao si apre una grande lunetta vetrata. La facciata è conclusa da un frontone centrato da un orologio scolpito e disegnato. Il pronao è rialzato di quattro gradini rispetto il livello del marciapiede. L’ingresso avviene da tre porte lignee con portale in granito. Sul fianco sinistro della chiesa, dopo la navata centrale, s’innalza il campanile. L’interno si presenta a navata unica voltata a botte, terminante con abside semicircolare affiancata, ai lati, da due ambienti accessibili dal presbiterio: a destra la sagrestia, a sinistra il campanile. La chiesa è suddivisa in cinque campate: solo le tre centrali introducono alle cappelle laterali, le restanti si presentano come grandi nicchioni per ospitare i confessionali. Le cappelle laterali, voltate a botte, sono rialzate di un gradino sopra la navata e sono chiuse da balaustre in marmo; partendo dall’entrata, dal lato sinistro, sono dedicate: al Crocifisso; a san Carlo; alle Sacre Reliquie (già cappella di S. Martino; poi del Sacro Cuore, cfr. Ponzoni); a destra: alla Madonna (con “simulacro appartenente alla soppressa chiesa di S. Nazaro in Pietrasanta [da] S. Carlo regalata al cessare della peste”; Ponzoni); a san Giovanni Battista (già a sant’Antonio); alla Madonna del rosario. La navata è scandita da larghe lesene ioniche sopra alle quali corre una trabeazione con fregio decorato, che percorre tutto il perimetro della chiesa e dalla quale spicca la volta a botte. Il soffitto della navata è affrescato e, in corrispondenza delle prime e terze cappelle laterali, illuminato da due grandi finestroni rettangolari. La zona presbiteriale è innalzata di tre gradini ed è chiusa da una balaustra in marmo. Nel presbiterio, sopra ulteriori due gradini, svetta l’altare tridentino in marmo, realizzato da Giuseppe Zanoia. Ai lati dell’altare maggiore, due lunette affrescate sono attribuite a Aurelio Luini. L’abside, con pareti intervallate da lesene ioniche, è illuminata da cinque finestre ed è occupata da un coro ligneo. Varie, infine, le ipotesi circa la derivazione della denominazione (“in Terra Amara”, “Terramara”, “Terramala”), in uso nei primi documenti per distinguere la chiesa dall’omonima, pure esistente in Porta Comasina; ma già Giorgio Giulini, alla metà del XIX sec., aveva concluso in proposito: “per qual ragione poi quel sito così venisse addomandato, io non so dirlo, perché i motivi che volgarmente se ne adducono, non sono appoggiati ad alcun sodo fondamento”. Forse “si può stabilire […] che il sito della città, chiamato fin dal secolo XI Terra mala, abbia dato il soprannome alla chiesa di san Tomaso” (Giulini); forse per “essere stata vicina al luogo dove si eseguivano le condanne a morte dei criminali” (Lattuada); forse, come più di recente sembra prendere corpo, la chiesa “avrebbe […] tratto origine da un nucleo di clero e fedeli immigrato in città […] per sfuggire alle invasioni ungare o saracene del X secolo e che avrebbe mantenuto il nome della località d'origine” (Saita, Santoro). Nota, inoltre, la legenda che vuole il nome conseguenza di un fosco episodio legato a Giovanni Maria Visconti; questi, furioso per il rifiuto del parroco della chiesa di seppellire il corpo di un uomo perché la vedova non aveva i mezzi per pagare il dovuto compenso, avrebbe fatto seppellire il prete da vivo nella bara destinata al defunto nel cimitero della chiesa.
Impianto strutturale
Edificio in muratura continua, voltato internamente a botte ed coperto da un tetto a due falde. Sul fianco sinistro è addossato il campanile. L’abside semicircolare è affrescata e dotata di cinque finestre. La navata è interrotta da dieci aperture rettangolari voltate a botte di diversa profondità.
Cicli affrescati
Ai lati dell’altare maggiore due lunette affrescate sono attribuite ad Aurelio Luini.
Pavimenti e pavimentazioni
Il pavimento della chiesa è in marmo grigio e marmo rosso di Verona. Nella parte centrale della navata un mosaico a pavimento la percorre longitudinalmente fino ai piedi del presbiterio.
Adeguamento liturgico

presbiterio - intervento strutturale (1990)
Nel 1990 furono effettuati importanti interventi diretti dagli architetti Brivio e Macchi: l'adeguamento liturgico del presbiterio, in cui dall’altare venne staccata la mensa marmorea per essere spostata al centro del presbiterio, e la progettazione di nuovi confessionali.
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