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Milano
Milano
chiesa
parrocchiale
S. Maria alla Porta
Parrocchia di Santa Maria alla Porta
Impianto strutturale; Altare maggiore; Culti e tradizioni
presbiterio - intervento strutturale (1974)
XI - 1105(preesistenza intero bene); XV - XVI(ricostruzione intero bene); 1651 - 1651(ricostruzione intero bene); 1651 - 1652(completamento intero bene ); 1652 - 1674(completamento intero bene); 1849 - 1849(costruzione coro e scurolo); 1859 - 1896(affreschi interno); 1943 - XX(restauro intero bene)
Chiesa di Santa Maria alla Porta
Tipologia e qualificazione chiesa parrocchiale
Denominazione Chiesa di Santa Maria alla Porta <Milano>
Altre denominazioni S. Maria alla Porta
Autore (ruolo)
Richini, Francesco Maria (progetto di ricostruzione)
Castelli, Francesco (facciata)
Chiappa, Giovanni Battista (progetto ampliamento e coro)
Moraglia, Giacomo (scurolo)
Ambito culturale (ruolo)
maestranze lombarde (costruzione e decorazione)
Notizie Storiche

XI - 1105 (preesistenza intero bene)

Le fasi più antiche dell’insediamento sacro presso l’antica porta Vercellina, aperta nelle mura romane (da qui la denominazione mantenuta dalla chiesa nei secoli), sono note solo per via documentale. Se ne trova menzione "già al principio del XIII sec., quando, alle discordie cittadine che imperversavano intorno alla persona dell’arcivescovo Grossolano, pose una tregua il riconoscimento di sacre reliquie entro la chiesa di S. Maria (9 giugno 1105); sicché si celebrarono nella città grandi feste, stabilendo in perpetuo un’annua solennità per il 9 giugno, con obbligo di astensione dai lavori servili […]; e nello stesso anniversario, un’annua fiera con esenzione di gabelle. Nella processione che si svolgeva annualmente […] i parrocchiani sfilavano portando fiori e rami d’albero ai quali appendevano candele di cera; la festa si chiamava “de Agios” per il grido “Agios” (santo) che veniva ripetuto dai fedeli” (Bascapè-Mezzanotte).

XV  - XVI (ricostruzione intero bene)

Una ricostruzione, tra la fine del XV e l’inizio del XVI sec., portò l’edificio a tre navate separate da due pilastri e due colonne per lato, transetto quadrato in posizione baricentrica retto dalla coppia di colonne centrali, soffitto cassettonato e altari perimetrali. Ne rimane traccia nelle visite pastorali e nei rilievi di F.M. Richino, precedenti un successivo rifacimento. Sulla base di questi dati, Patetta ipotizza un impianto volumetricamente complesso, a croce iscritta nel rettangolo di base con preminenza in alzato della navata centrale e del transetto, un impianto certamente “non comune e di matrice classica” per le raffinatezze modulati e “l’elegante soluzione di porre quattro colonne all’incrocio del transetto e quattro pilastri con lesene a separare le campatelle laterali”. Lo studioso, invece, non si sbilancia sull’attribuzione a Bramante (“è d’Architettura di Bramante”) che fu rilanciata da una relazione seicentesca di un curato, quindi ripresa in alcune fonti (Latuada).

1651  (ricostruzione intero bene)

La medesima relazione attribuiva a Bramante anche le “molte bellissime pitture” della “chiesa vecchia”. Questa, alla metà del XVII sec., minacciava rovina, mentre da più tempo se ne lamentava la scarsa capienza; già nel 1495, infatti, Lodovico il Moro decise di radunare per il giuramento i cittadini di porta Vercellina in altro luogo perché la “chiesa [era] troppo piccola”. Si giunse, così, al cantiere di rifacimento affidato a Francesco Maria Richini che, come precisa Patetta (e a differenza delle notizie ricorrenti in diverse fonti edite), non ribaltò l’orientamento dell’edificio antico (già rivolto a est), mantenne la larghezza dell’invaso e, forse, le fondazioni e parti degli alzati. Proprio intervenendo sulle murature d’ambito, l’8.XII.1651, fu scoperta “sopra una porticella che apriva il passo alle genti” (lato destro) un affresco con la Beata Vergine, subito ritenuto miracoloso e prontamente protetto da una cappelletta provvisoria in appendice alla costruzione principale.

1651 - 1652 (completamento intero bene )

I piani per S. Maria alla Porta sono documentati da 7 disegni conservati nlla Raccolta Bianconi (tomo VII, Milano, Trivulziana), solo in parte riferibili all’intervento di Richini: una sezione long. e una pianta (p. 29) e, forse, un’altra pianta (p. 31; 1651-1652). Il primo foglio prevedeva l’introduzione di un ininterrotto motivo a serliana tra le navate, come fu poi in parte adottato da un piano di completamento che, riunito in un secondo nucleo di disegni (p. 31, sezione longitudinale), documenta l’intervento di un progettista anonimo chiamato dopo la morte di Richini (“La raccolta Bianconi”, p. 66). I disegni tramandano anche una variante complessiva (facciata e interno, pp. 27-28), non realizzata e pure di mano anonima, e gli studi di Gerolamo Quadrio (p. 30), parte di quella serie di progetti che, secondo Bascapè-Mezzanotte, furono chiesti a vari architetti e poi scartati in fase di selezione a favore di quello predisposto da Richini.

1652 - 1674 (completamento intero bene)

Negli anni seguiti alle morte di Richini il cantiere fu diretto da Francesco Castelli (altre volte indicato come Carlo), cui molte fonti attribuiscono “la facciata riboccante di elementi decorativi a forte aggetto” (Bascapè-Mezzanotte) che sarebbe stata così completata nei decenni seguenti alla metà del secolo. Nel 1670, infatti, era già predisposto l’altorilievo con l’‘Assunzione della Vergine’, scolpito da Carlo Simonetta a ornamento del portale centrale. Nel 1674 Carlo Torre poteva descrivere la facciata pressoché ultimata. Lo stesso Castelli intervenne sulla chiesa, modificando la terminazione delle cappelle laterali.

1849  (costruzione coro e scurolo)

Nel 1849 fu allungato il coro e spostato nella posizione attuale l'altare, costruito nel 1770. Il progetto, redatto dall’architetto Giovanni Battista Chiappa, coadiuvato dall’ingegnere Antonio Cantalupi, era parte di un più grandioso piano stilato nel 1845 che prevedeva di innestare un transetto sulla chiesa a navata unica, proposito poi mai realizzato e di cui resta completa documentazione nella Raccolta Stampe Achille Bertarelli (vol. GG 20, ff. 1-15) e ampia trattazione nel saggio di Damiano Iacobone. Fu poi ridotto al solo prolungamento del coro precisato tecnicamente in un progetto esecutivo a partire dal 1847. Nello stesso 1849 Giacomo Moraglia costruì lo scurolo, in forma di chiesetta a tre navi. Qui furono riunite lapidi e monumenti funerari rimossi dalle pareti e dal pavimento della chiesa.

1859 - 1896 (affreschi interno)

Tra il 1859 e il 1896 fu eseguita una campagna di affreschi che “nulla aggiunsero alla chiesa” così come le “dorature applicate in epoca più recente alle membrature di pietra dell’interno” (Bascapè-Mezzanotte).

1943 - XX (restauro intero bene)

L’edificio subì gravi danni per i bombardamenti della seconda guerra mondiale nel 1943. La chiesa rimase a lungo scoperchiata, con continuo aggravarsi di degrado e infiltrazioni. Fu lentamente ricuperata e riparata, quindi riaperta al culto. Non più risorse dalle macerie la cappella barocca a pianta centrale che era stata ultimata dal 1705 in appendice alla chiesa e a protezione dell’immagine miracolosa in luogo delle prime, provvisorie protezioni.
Descrizione

S. Maria alla Porta prende nome dall’antica porta Vercellina, aperta nella più antica cerchia muraria della città lungo la strada Vercellese. La chiesa è frutto della ricostruzione di un primo edificio di culto d’età romanica, già rimaneggiato nel XV sec. (addirittura, secondo tradizione, da Bramante), avviata alla metà del XVII sec. su disegno di Francesco Maria Richini. S. Maria alla Porta, anzi, fu l’ultimo progetto di Richini che, nato in questa parrocchia, morì prima di veder completata l’opera. La facciata, anche se si deve all'intervento di Francesco Castelli, “è di forma tipicamente richiniana”. Si presenta intessuta di decorazioni in forte aggetto, scandita in due ordini e “ricca di motivi architettonici, fantasiosamente vari, non già affastellati, ma governati, disciplinati” (Bascapè-Mezzanotte). Un insieme “di mirabile vaghezza”, secondo l’opinione espressa da Carlo Torre a lavori appena conclusi (1674). L’ordine inferiore è scandito da due colonne e quattro pilastri con capitelli ionici, intervallati ai lati da due nicchie con santi, innalzati su alti piedistalli di granito rosa. Al centro si apre un maestoso portale ornato da un altorilievo (‘Assunzione della Vergine’) di Carlo Simonetta (1670). L’ordine superiore, serrato tra due volute, è percorso da quattro colonne corinzi intervallate, ai lati, da due nicchie. Vi si apre il finestrone. Le numerose figure che popolano il prospetto (tra altri: i santi Luigi, Ambrogio e Carlo nelle nicchie superiori, gli angeli che svettano sopra il timpano e, nel timpano, ai lati di un orologio ottocentesco) sono opera di autori diversi tra il XIX e il XX sec. L’interno è a una sola navata e termina nell’aula quadrata destinata a presbiterio e sormontata da una cupola. Oltre, si sviluppa il coro ricostruito in profondità nel 1849. Nei fianchi si susseguono le cappelle, aperte sulla navata centrale con slanciate serliane, sostenute da coppie di colonne di granito con capitello composito, e collegate senza soluzione di continuità così da creare corridoi laterali percorribili. Il motivo era stato introdotto nei primi pensieri di riforma elaborati da Francesco Maria Richini (1651-1652), quindi variamente ripreso durante i completamenti. Le campate estreme della navata, all’ingresso e all’innesto del presbiterio, presentano un passo ridotto. Tra le serliane si alternano nicchie rimaste vuote; la campata minore verso il presbiterio ospita un piano ammezzato affacciato alla nave con tribunette. La navata è conclusa da una volta a botte innestata su un fregio a dentelli, marcata da due massicce fasce a lacunari e aperta da profonde lunette per ospitare le finestre. Sotto l'altare si sviluppa lo scurolo, in forma di chiesetta a tre navi, con lapidi e monumenti funerari rimossi dall’aula superiore. La cupola che sovrasta il presbiterio è affrescata. S’innesta su pennacchi retti da pilastri a fascio con capitelli ionici decorati con teste di angeli. Il tamburo è alleggerito da quattro finestre intervallate da quattro nicchie con statue di angeli. È illuminata dalla lanterna centrale. Ai lati del presbiterio si aprono due monumentali cantorie contrapposte, con organi di Pietro Pirovano. Il coro ottocentesco è impostato su una campata voltata a crociera e finisce in un’abside poligonale coperta da una semicupola. Contribuiscono alla suggestione dell’ambiente interno i chiaroscuri generati dalla successione di altorilievi e bassorilievi, figurativi o decorativi, distribuiti tra le serliane, su pilastri e colonne, nelle cantorie degli organi, sulla cupola, nelle tribune contrapposte del coro, sui pennacchi della cupola, ripresi sugli altari laterali, dove “statue d’angeli gesticolanti” accompagnano le pale d’altare, e culminanti nella prima cappella a sinistra, dedicata alla Maddalena, dove un gruppo di Carlo Simonetta ritrae “la santa nell’atto di ricevere le Sacre Particole per le mani di due angeli” (Bascapè-Mezzanotte). La chiesa è sede della cappellania per i fedeli di lingua polacca.
Impianto strutturale
Edificio retto da murature continue a sezione normalizzata con il ricorso a elementi puntuali di sostegno interni. La chiesa, internamente, è coperta da un sistema articolato di volte (a botte ‘unghiata’ nella navata, a botte nelle cappelle laterali, a crociera nel coro), da una semicupola a conclusione dell’abside e da una cupola estradossata sopra il presbiterio, retta da pilastri e pennacchi.
Altare maggiore
L’altare maggiore, opera di Antonio Agrati, destò l’attenzione di Giacomo Bascapè e Paolo Mezzanotte: “eretto nel 1770 […], quando già la reazione classica andava affermandosi, è nelle forme deliziosamente eleganti e capricciose dell’estremo barocco teresiano, presso a dissolversi; è ricco di marmi e di pietre rare, con castoni e fregi di bronzo cesellati; statue d’angeli pure di bronzo di buona fattura”.
Culti e tradizioni
Accanto alla chiesa, sul lato dell’Epistola, aperto a un vicolo, si trova quanto resta di una cappella a pianta centrale, autonoma rispetto alla chiesa, sia spazialmente, sia per fasi edilizie. La storia di questo luogo sacro è, però, legata al cantiere dell’edificio principale. Era l’8 dicembre 1651 quando, durante i lavori di ricostruzione di S. Maria alla Porta, fu trovata casualmente l’effige della Vergine in una lunetta. L’immagine fu subito ritenuta miracolosa perché il muratore che si affrettò a ripulirla con il suo grembiale, da zoppo che era si trovò immediatamente guarito. Il fatto accrebbe fama alla chiesa principale, che si giovò di oblazioni crescenti utili al completamento. La Madonna dipinta, esterna alla facciata laterale, fu dapprima messa al riparo con un edificio provvisorio, quindi racchiusa dal 1705 in una cappella ottagonale progettata da Giovanni Ruggeri. Nel 1943 i bombardamenti aerei atterrarono il luogo di culto. Ne rimane la lunetta miracolosa e parte della pavimentazione, messi in sicurezza in questi anni nell’ambito di una riqualificazione complessiva del vicolo, con spazi verdi, nuove sedute a una dettagliata mappa informativa che documenta le complesse trasformazioni urbanistiche dell’area, dall’età romana ai nostri giorni.
Adeguamento liturgico

presbiterio - intervento strutturale (1974)
Riconfigurazione del presbiterio su progetto dell'arch. Antonello Vincenti.
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