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Fabriano
Fabriano - Matelica
chiesa
parrocchiale
Santi Biagio e Romualdo
Parrocchia di Santi Biagio e Romualdo
Struttura; Elementi decorativi
presbiterio - aggiunta arredo (1968/2006)
1210 - 1284(preesistenze intero bene); 1287 - 1287(ricostruzione intero bene); 1427 - 1481(cambio di denominazione intero bene); 1511 - 1660(rifacimento intero bene); 1688 - 1688(completamento facciata); 1742 - 1742(ricostruzione navate); 1748 - 1748(realizzazione cripta); 1997 - 2009(ristrutturazione intero bene)
Chiesa dei Santi Biagio e Romualdo
Tipologia e qualificazione chiesa parrocchiale
Denominazione Chiesa dei Santi Biagio e Romualdo <Fabriano>
Ambito culturale (ruolo)
maestranze marchigiane (preesistenze)
maestranze marchigiane (prima distruzione e ricostruzione post-terremoto)
maestranze marchigiane (realizzazione della facciata)
maestranze marchigiane (seconda distruzione e ricostruzione post-terremoto)
maestranze marchigiane (realizzazione della cripta)
maestranze marchigiane (terza ristrutturazione post-terremoto)
Notizie Storiche

1210 - 1284 (preesistenze intero bene)

La chiesa preesistente, denominata solo S. Biagio, fu costruita dai monaci Benedettini dell'Abbazia di San Vittore di Genga. Un terremoto la distrusse completamente nel 1284.

1287  (ricostruzione intero bene)

L'edificio fu ricostruito dopo il terremoto e riconsacrata da Rambotto, vescovo di Camerino.

1427 - 1481 (cambio di denominazione intero bene)

La chiesa assunse l'attuale denominazione di SS. Biagio e Romualdo quando venne unita all'Abbazie di Val di Castro (1427) e furono collocate al suo interno le spoglie di San Romualdo (1481).

1511 - 1660 (rifacimento intero bene)

La chiesa e il monastero ad essa adiacente in questo periodo furono interessate da frequenti lavori e modifiche.

1688  (completamento facciata)

La facciata barocca ha conservato il numero delle aperture che erano nella facciata cinquecentesca e fu costruita su disegno di Francesco Di Vittorio Valenti da Jesi.

1742  (ricostruzione navate)

A seguito del terremoto del 1741 che distrusse gran parte della fabbrica ad eccezione del presbiterio, che fu conservato, si ricostruì l'edificio ecclesiale che assunse la forma attuale. La progettazione fu affidata all'architetto camaldolese Giuseppe Antonio Sorattini.

1748  (realizzazione cripta)

Fu realizzata in questo anno la cripta sotterranea in cui vennero trasportate le spoglie di San Romualdo.

1997 - 2009 (ristrutturazione intero bene)

A seguito del terremoto del 1997 che rese l'edifcio inagibile con danni alle strutture portanti, alla copertura e pericoli di cedimento della facciata, la chiesa fu sottoposta a ristrutturazione per più di dieci anni. Grazie alla messa in sicurezza delle strutture, tramite particolari impalcature, voluta fortemente dal parroco, la chiesa rimase chiusa al pubblico solo per alcuni periodi e continuò quindi ad essere utilizzata anche durante i lavori.
Descrizione

La chiesa dei SS. Biagio e Romualdo ha subito nel corso degli anni diversi rimaneggiamenti e modifiche a causa, soprattutto, di terremoti che periodicamente hanno causa gravi danni alla struttura dell'edificio. La prima costruzione risale al XIII secolo ma della primitiva architettura non rimane alcuna traccia, tranne per un'epigrafe che afferma che l'ingresso era posizionato sul fianco laterale. La configurazione attuale risale al XVII e al XVIII secolo ma mantiene anche l'impronta cinquecentesca che ne fa apprezzare l'organismo architettonico inserito anche nel più ampio contesto del monastero e del chiostro limitrofi (risalenti appunto al XVI secolo). L'impianto architettonico dell'interno, dovuto all'architetto camaldolese Giuseppe Antonio Sorattini, è un elegante esempio di tarda architettura barocca, caratterizzata dal ricco apparato decorativo formato da stucchi, statue, cartigli, di cui alcuni realizzati da G. Malatesta, e da una balaustra in alabastro. La pianta presenta tre navate, divise dall'alternarsi di pilastri e colonne, coperte da una sequenza di volte composte: a vela, a botte, a crociera e cupole su pennacchi sferici. Le cupole sono due: una posta al centro della navata principale e una al centro del transetto. Quest'ultima, insieme alle pareti laterali, fa parte della zona più antica della chiesa che è stata risparmiata dal terremoto del 1741. Ne sono testimonianza i dipinti murali eseguiti nel 1697-1698 da Giuseppe Malatesta e lo spazio destinato al coro che presenta arredi e rivestimenti lignei anch'essi di metà '600. Dall'altro lato dell'edificio, di particolare pregio sono la bussola e il rivestimento dell'organo in legno finemente lavorato e decorato. Al di sopra dell'ingresso a bussola, è posizionato l'organo del veneto Gaetano Callido di Venezia, di recente restaurato, chiuso da una balaustra dorata e ricca di decori. La pavimentazione è in cotto, principalmente di tipo quadrato, alternata a modesti e limitati elemento in pietra, tipico di molte chiese fabrianesi. Dalla chiesa si scende nella cripta di San Romualdo, costruita nel 1748, ampliata nel 1793 e decorata di pitture con scene della vita del santo. All'esterno, l'accesso al sagrato è consentito attraverso un'ampia scalinata con relativo parapetto in pietra, sulla cui sommità si erge l'imponente facciata realzzata nel 1688 su disegno di Francesco Di Vittorio Valenti. Il fronte è caratterizzato, nella parte inferiore, da una zoccolatura sulla quale poggiano due coppie di paraste culminanti nella fascia di trabeazione, su due ordini sovrapposti. La porzione superiore è caratterizzata, nella parte centrale, da una parete muraria più alta, al di sopra della quale poggia il timpano, mentre sui fianchi sono presenti due vele che fungorno da raccordo con la porzione dell'ordine inferiore. Verticalmente la facciata viene scandita dalle diverse aperture ricavate sia nella parte bassa che nella porzione superiore. Lungo l'asse baricentrico del fronte sono posizionate rispettivamente il portate d'ingresso, inquadrato da una cornice in pietra bianca sormontata da un timpano semicircolare del medesimo materiale con bassorilievo centrale, e una finestra caratterizzata da una balconata in pietra. Quest'ultima è stata ricavata in sostituzione del rosone, come mostra la disposizione dei mattoni visibili sui fianchi. Lateralmente all'ingresso, sono stati ricavati altri due ingressi sormantati da due finestre inquadrate da cornici in pietra, con bassorilievi e volute che le completano.
Struttura
La struttura verticale è in muratura portante di mattoni lasciati a vista cementati con malte magre di calce e sabbioni, movimentata dalla combinazione di piattabande e cornici.
Elementi decorativi
Oltre a stucchi e statue di pregio, la chiesa ospita anche molti arredi lignei decorati e dipinti parietali del XVII e del XVIII secolo. I dipinti più antichi sono nella zona presbiteriale dove la cupola e le pareti del transetto sono affrescate da Giuseppe Malatesta nel 1697-1698. Sempre seicenteschi sono le pitture della volta del coro, di Giulio Lazzarelli, e le tele ottagone poste nelle pareti laterali di Pasqualino Rossi. Di metà Settecento sono invecei quadri realizzati da Giovanni Loreti da Fano e da Francesco Mancini da S. Angelo in Vado nelle cappelle minori. Le sedute e la porzione inferiore delle pareti del coro sono rivestite da elementi in legno, arricchiti da formelle intagliate raffiguranti dei Santi, realizzate nel 1642 dai fratelli Buti. Di pregio anche l'organo, eseguito da Gaetano Callido di Venezia nel 1791 e sorretto dalla bussola lignea finemente decorata costruita a metà settecento da Filippo Rosati da Pergola. Nella cripta, particolarmente prezioso, è il sarcofago marmoreo di Taddeo da Como, del 1481, rimaneggiato nel corso del '700 e nel 1754 da Bartolomeo Boroni che aggiunse il rivestimento di bronzo dorato e lapislazzuli.
Adeguamento liturgico

presbiterio - aggiunta arredo (1968/2006)
L'imponente altare pre-conciliare in marmo è ancora presente nel presbiterio. Nel 1968 furono aggiunti arredi lignei per rispondere alle nuove esigenze liturgiche in parte sostituiti nel 2006 a seguito dei restauri post-terremoto. L'altare attuale è in legno ed è stato commissionato a degli artigiani locali (Mario Cocco e Roberto Gubinelli) dall'allora parroco don Tonino Lasconi.
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