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beni culturali della Chiesa cattolica
edilizia di culto
restauro
adeguamento liturgico
Maccagno Superiore
Maccagno con Pino e Veddasca
Milano
chiesa
sussidiaria
S. Antonio
Parrocchia dei Santi Stefano e Materno
Struttura; Impianto strutturale; Coperture; Altare maggiore; Pianta
nessuno
XV - XV (costruzione intero bene); 1504 - 1504 (decorazione pittorica interno e facciata); 1528 - 1529(decorazione pittorica cappella laterale); 1581 - 1588(costruzione casa parrocchiale); XVII - XVII(restauri e costruzione volte intero bene); XVIII - XVIII(cambio di intitolazione e di destinazione interno bene); 1837 - 1837(manutenzione e restauri interno); 1930 - 1932(restauri intero bene)
Chiesa di Sant'Antonio
Tipologia e qualificazione chiesa sussidiaria
Denominazione Chiesa di Sant'Antonio <Maccagno Superiore, Maccagno con Pino e Veddasca>
Altre denominazioni Oratorio di Sant'Antonio
S. Antonio
Autore (ruolo)
Antonio da Tradate (decorazione e cicli affrescati)
Ambito culturale (ruolo)
maestranze lombarde (costruzione)
Notizie Storiche

XV - XV  (costruzione intero bene)

La chiesa ebbe sin dalle origini intitolazione a S. Materno, titolo che fu trasferito nel tempo anche alla nuova parrocchiale, costruita a valle e in forme grandiose dalla fine del XVI sec. L’antico S. Materno non ricorre nei tradizionali repertori antichi di chiese ambrosiane. Perciò, il primo riferimento documentale utile cade alla metà del XIV sec., quando la chiesetta fu elencata tra le tappe della visita del card. Gabriele Sforza, nel 1455. Nel 1567 furono fornite le dimensioni della chiesetta, lunga 18 e larga 6 passi. Analoghe misure furono rilevate nel 1683 («Longitudinis cubitorum 24. Latitudinis 10») e corrispondono all’invaso attuale, non alterato, planimetricamente, da ingenti riforme seicentesche. Retaggio di questa prima fase quattrocentesca è il bell’architrave in arenaria rossa sopra la porta d'accesso, intagliato con il monogramma IHS. Poco a valle della chiesetta si estendeva l'area cimiteriale, soppressa solo alla fine del XVIII sec.

1504   (decorazione pittorica interno e facciata)

La chiesa conserva all'interno buona parte del ciclo dipinto attorno al 1504 da Antonio Da Tradate e dalla sua bottega. Sono sopravvissuti solo i riquadri affrescati nella prima campata che rappresentano, su diversi registri, un ciclo dei Mesi, una serie di medaglioni con Apostoli e alcune scene della Passione. Sulla facciata, campeggia ancora una Madonna con Gesù bambino, riferibile alla medesima bottega e alla medesima tornata decorativa. Perse, invece, le altre scene che dovevano arricchire la cappella maggiore, ricostruita nel corso del XVII sec. La data dell'intervento decorativo di Antonio da Tradate si deduce da altri affreschi votivi lasciati dallo stesso nelle frazioni a monte di Maccagno. Le immagini sarebbero state ricoperte di calce durante cicliche ondate pestilenziali (nell’area: 1585); pertanto, Federico Borromeo, nel 1596, ne vide solo qualche ombra: «Parietes picti sunt, sed picturae sunt corrosae».

1528 - 1529 (decorazione pittorica cappella laterale)

Accanto alla bottega di Antonio Da Tradate, legata alla ripetizione di formule tardo-gotiche, fu attivo nella chiesa di S. Antonio, pochi decenni dopo, un autore più aggiornato: Giovanni Battista Da Legnano. Nella prima cappella destra, la parete di fondo è integralmente occupata da una Madonna del latte con i santi Rocco e Sebastiano, a lui attribuibile. Fu probabilmente dipinta, come indicherebbero i santi contitolari rappresentati, durante o a seguito dell’ondata pestilenziale che interessò, tra 1528 e 1529, l’alto Verbano. Non è chiaro se la cappella fosse stata costruita per ospitare l'affresco, ovvero se debba trattarsi di un più antico corpo di fabbrica. In ogni caso, visite pastorali alla mano, i cicli raffigurati in questa cappella dovevano essere più complessi e comprendere, almeno, le effigi dei Quattro Dottori della chiesa sulla volta (demolita nel XVII sec.) e altre figure non specificate sulle pareti laterali.

1581 - 1588 (costruzione casa parrocchiale)

Tra cimitero e chiesetta fu costruita la casa parrocchiale, in cantiere nel 1581, quindi occupata dal curato una volta ottenuta la parrocchialità (1588); in origine piuttosto ridotta, fu ingrandita sino ad aderire all’intero lato meridionale della chiesa, occultando in parte alcune aperture che praticate, nel corso del tempo, sul fianco meridionale della chiesetta, per dar luce alla ridotta navata interna. Dal 1875-1877 l'antica casa parrocchiale, sostituita da altra, nei pressi della nuova chiesa di S. Materno, è divenuta proprietà privata.

XVII  (restauri e costruzione volte intero bene)

Nel 1683 la chiesa era ancora ancora coperta con un precario soffitto tale da far penetrare l’acqua piovana nell’interno. Entro il 1705 furono, invece, ultimati lavori di notevole entità, come documenta la data di una lapide in sacrestia e una descrizione delle chiese della località compilata nel 1707 circa dal parroco: nuovo altare maggiore in legno; creazione di tre campate nell’invaso della navata maggiore ottenute scandendo (o ricostruendo) le indistinte pareti laterali con lesene a sezione rettangolare; coperta delle tre campate con volte a crociera su archi traversi a tutto sesto; demolizione della copertura della cappella laterale della Madonna del latte e costruzione di nuova volta a botte, all’altezza delle rinnovate quote interne della navata; elaborata cornice lignea a protezione dell’affresco della Madonna del latte, nell’omonima cappella; nuova facciata (con sopralzo di murature preesistenti); rialzo della quota del pavimento della navata maggiore.

XVIII  (cambio di intitolazione e di destinazione interno bene)

Ancora nel 1683, la chiesa manteneva l'antica intitolazione a S. Materno. In concomitanza con la chiusura del cantiere, nel 1705, invece, l’oratorio fu posto sotto la protezione di S. Antonio da Padova, denominazione alla quale fu associata, almeno sino al 1713, quella a Maria. Quest'ultima, infine, decadde quando nella nuova parrocchiale, dedicata anch'essa a S. Materno, fu ultimata la cappella dell'Addolorata. Nel frattempo, dismessa la funzione di chiesa parrocchiale, l'antico S. Materno, divenuto S. Antonio, fu destinato in tutto alle celebrazioni e alle riunioni della confraternita del Ss. Sacramento, cui si deve l'ingente opera di riforma generale attuata nell'ultimo quarto del XVII sec. Nel 1705 fu terminata anche la sacrestia, come riporta la già citata lapide sul pavimento.

1837  (manutenzione e restauri interno)

Un sopravvissuto foglio di un bilancio parrocchiale riporta opere non altrimenti specificate interne alla chiesa. La carta è interessante soprattutto per documentare la frequenza con la quale chiese e beni religiosi venivano sottoposti a opere di ordinaria o straordinaria manutenzione. Nel 1837, infatti, la fabbriceria aveva bandito «l'asta della ristrutturazione della Chiesa sussidiaria di S. Antonio col fondo approvato di lire 293,50», ottenendone un ribasso a 250 lire. Poco altro si conosce, sennonché lo stesso bilancio liquidava il «muratore» Orazio Baroggi per «opere fatte» e che del «Catrame» era stato «provvisto per la ristrutturazione della sudetta chiesa».

1930 - 1932 (restauri intero bene)

Rilevanti interventi furono compiuti tra il 1930 e il 1932, quando la chiesa fu interessata da un’operazione di restauro complessivo, unita a una campagna di decorazione di volte e pareti. I lavori furono diretti da Lindo Grassi. L’impresa fu avviata dal parroco, don Agostino Rossi; lo scopo era di adibire la chiesa a piccolo «Museo Parrocchiale», come, del resto, ancora rimase sino al 1971. Ecco il quadro delle opere concluse nel 1932: rifacimento del pavimento (sono le attuali mattonelle in cemento); scoperta, non meglio documentata, di «numerose tombe» dentro la chiesa; opere di decorazione generale ex novo eseguite dal medesimo Lindo Grassi ed estese, soprattutto, sulle volte dell’aula fedeli; altri lavori di «ricostruzione generale, dal pavimento, al tetto e alle pareti»; recupero e restauro dei cicli affrescati di Antonio Da Tradate.
Descrizione

La chiesa di S. Antonio sorge sul lato orientale di una scalinata discendente dal monte, prosecuzione di antichi tracciati congiungenti Maccagno Superiore, sulla riva del lago, e la popolosa Val Veddasca. La chiesa si apre alla scalinata con l’unico ingresso, al centro della facciata; e così doveva essere sin dalle origini; l’adeguamento alla topografia del luogo e a eventuali esigenze urbanistiche, infatti, non determinarono alcuna variazione al corretto orientamento liturgico dell’altare. L’area era allora marginale all’abitato, concentrato maggiormente in direzione del lago; il fatto rende giustizia dell’esistenza, poco a valle, di un’area cimiteriale. Il cimitero in questa località è attestato sin dalle origini, ossia in concomitanza con le prime menzioni dell’edificio sacro; fu trasferito nella sede attuale alla fine del XVIII sec. (1787). Tra cimitero e chiesetta fu costruita la casa parrocchiale, in cantiere nel 1581, quindi occupata dal curato una volta ottenuta la parrocchialità (1588); in origine piuttosto ridotta, fu ingrandita sino ad aderire all’intero lato meridionale della chiesa; dal 1875-1877 è divenuta proprietà privata. La chiesa è di estremo interesse per i cicli affrescati interni. All'ingresso, nella prima campata e nella controfacciata, si sviluppano, su tre registri, le seguenti scene: teoria di Apostoli, ciclo dei mesi, scene della Passione. I cicli sono opera della bottega itinerante di Antonio Da Tradate e furono eseguiti attorno al 1504. Per mutilazioni, scialbature e incuria ne sono sopravvissuti solo alcuni settori: in particolare sono mutili o illeggibili i Mesi, mentre la Passione (narrata dall'entrata in Gerusalemme alla derisione di Gesù Cristo, passando per un'Ultima Cena con tavola rotonda) manca degli episodi centrali e di maggior significato (Crocifissione). Di rilievo anche le iscrizioni e le note di accompagnamento in volgare alle scene narrate, indizio degli intenti educativi che furono all'origine del ciclo. Nell'unica cappella laterale, invece, si conserva integro un composito affresco con Madonna e Gesù Bambino (nei modi di una Madonna del latte) e santi Rocco e Sebastiano. La presenza dei due santi tradizionalmente invocati contro le pestilenze e le testimonianze delle visite pastorali (secondo cui l'opera sarebbe stata dipinta ex voto) contribuiscono a collocarne la data di creazione attorno al 1527-28. Quest'ultimo affresco sarebbe da riferire, per evidenti questioni stilistiche, ad altra bottega itinerante, quella facente capo a Giovanni Battista Da Legnano, attivo in quegli anni (1529) sulla riva opposta del lago (Cannobio).
Struttura
Murature d'ambito in pietra a spacco legata da giunti di malta. Tutte le pareti esterne sono intonacate.
Impianto strutturale
L'aula dei fedeli è scandita in tre campate da lesene inserite durante lavori seicenteschi e immorsate nelle pareti. Le campate sono coperte da volte a vela 'unghiate', ossia scavate da profonde lunette, rette da archi trasversi a pieno centro. Il presbiterio è coperto da una volta a botte unghiata. La cappella laterale è coperta da una calotta a botte.
Coperture
La copertura si sviluppa in un'unica falda appoggiata al vertice alla confinante casa ex parrocchiale. Il manto di copertura, in coppi, è retto da ordito ligneo principale e secondario. Canali e pluviali sono in rame.
Altare maggiore
L'altare maggiore è pregevole lavoro di intaglio ligneo policromo dell'ultimo quarto del XVII sec. Reca, sul fastigio, il bel gruppo ad altorilievo con Gesù Cristo redentore e, nella nicchia, la coeva statua del santo titolare della chiesa, S. Antonio da Padova.
Pianta
Chiesa ad aula unica correttamente orientata con presbiterio a terminazione rettilinea. La sacrestia si apre sul fianco meridionale con accesso dal presbiterio. Una sola cappella laterale si apre sul medesimo fianco meridionale.
Adeguamento liturgico

nessuno
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