Notizie Storiche |
1330 (origini carattere generale)
Una fondazione nel 1285 da parte di Arrigo fratello della beata Umiliana de' Cerchi (1219-1246) è priva di fondamento, riferendosi a Santa Elisabetta del Capitolo. Nel 1330 la Repubblica, con una provvigione, concede alla Compagnia dei Laudesi di S. Spirito, spinta dalle prediche di Simone da Cascia (1280/1295-1348) degli Eremitani di S. Agostino, le mura urbane dismesse d'Oltrarno del 1258/1259, poste tra la porta murata (nel 1314) di Sitorno o Saturno (in via della Chiesa, allora via di Sitorno) e quella di Giano della Bella all'altezza di via Chiara (via de' Serragli), insieme alla superficie della via interna ivi esistente, presso le quali si trova il terreno acquistato dalla Compagnia per erigere un monastero dove ospitare le prostitute pentite (per questo la figura di riferimento è Maria Maddalena Penitente). Il luogo per la costruzione della chiesa e del convento di S. Elisabetta delle Convertite è ubicato in via Chiara, in angolo con via della Fornace (via del Campuccio).
1332 - 1334 (origini carattere generale)
La fondazione della chiesa conventuale risale al 20 luglio 1332. Nel 1333 la Repubblica concede alle suore agostiniane "de via Clara", che sono già 50, altro terreno ed un ulteriore settore delle vecchie mura urbane posto tra la porta di Giano della Bella e la casa di Lapo di Benghi de' Rossi ubicata sempre lungo via Chiara/de' Serragli, ma più a settentrione, per ricavarne il materiale da costruzione. Viene così ampliato il convento, sotto la direzione dei Capitani della Compagnia delle Laudi. Ancora non risulta edificato l'oratorio "a onore di Dio e della Vergine sua Madre". Nel 1334 il patronato è concesso ai Capitani della Compagnia dei Laudesi di Monna Santa Maria e dello Spirito Santo detta del Piccione, che si riunisce in S. Spirito, i quali devono sovrintendere al cantiere, e l'elezione della priora dovrà alternativamente essere concessa di diritto alle suore agostiniane del convento e ai Capitani medesimi.
1440 - 1460 (origini carattere generale)
La chiesa viene affrescata nel Quattrocento. Di tali affreschi ne restano alcuni inerenti al ciclo della Passione di Cristo (Flagellazione, Gesù trasporta la croce verso il Calvario, Compianto sul Cristo morto, Christus Patiens) posti a livello del coro delle suore. Il Compianto sul Cristo morto e Gesù trasporta la croce verso il Calvario sono stati attribuiti dai Paatz all'ambito di Pietro di Niccolò Gerini (m. 1415), datandoli a fine Trecento, mentre Federico Zeri li dà al Maestro di Signa (attivo 1441-1462). Nel 1460 le suore cedono alla Compagnia del Piccione del terreno ed un refettorio in cambio del vecchio "spedaletto" contiguo di proprietà della Compagnia medesima.
1490 - 1494 (cenni storici carattere generale)
Nel 1491-1493 Sandro Botticelli dipinge per la chiesa, su incarico dell'Arte dei Medici e Speziali, la pala quasi quadrata della Trinità fra la Maddalena e San Giovanni Battista, ora alla Courtauld Gallery di Londra; la predella si trova invece al Philadelphia Museum of Art. In basso compaiono pure Tobia e l'Angelo, in quanto l'Arcangelo Raffaele è il protettore dell'Arte dei Medici e Speziali. Contestualmente, tra il 1490 ed il 1494, viene eretta la nuova scarsella della chiesa (la "tribunetta quadrata in testa"), coperta da una volta a vela e con un umanistico arco trionfale corinzio, di ascendenza brunelleschiana ma maggiormente albertiano-sangallesca d'età laurenziana.
1519 (cenni storici affresco)
Nel 1519 l'Arte dei Medici e Speziali, avendo da "più tempo" avuto in concessione il patronato del convento delle Convertite, ordinano agli operai del convento medesimo, "huomini tucti della decta Arte" dei Medici e Speziali, di porre "in decto monasterio et nella mura di fuori, in loco evidente, [...] una Nostra Donna per segno della presente Arte", che reca appunto una Madonna con il Bambino.
1574 (cenni storici carattere generale)
Nella seconda metà del Cinquecento la chiesa viene ristrutturata ed è ricostruito il lungo endonartece con il coro superiore per le suore, sorretto da sei colonne tuscaniche e posto ad un livello lievemente maggiore rispetto al precedente, con probabili aperture munite di grate rivolte verso la sottostante chiesa (la data 1574 è posta nei due basamenti delle colonne dipinte nella parete di destra del coro).
1575 ? - 1584 (cenni storici carattere generale)
Il coro viene affrescato con un nuovo ciclo dedicato alla Passione di Cristo, con le scene poste tra lesene dipinte (rimangono quelle inerenti l'Ultima Cena, Cristo nell'Orto degli Ulivi e Cristo fatto prigioniero, Gesù di fronte a Erode, la Flagellazione, Gesù coronato di spine, la Veronica porge un fazzoletto a Gesù che trasporta la croce e parte esigua della Crocifissione). Nel 1584 la chiesa viene consacrata a S. Elisabetta dall'arcivescovo Alessandro de' Medici (1535-1605). Lapide ancora in loco, apposta su una parete di chiesa.
1580 - 1610 (cenni storici carattere generale)
Secondo Richa, Bernardino Poccetti (1548-1612) dipinge per i nuovi altari di chiesa, con il finanziamento di Filippo Betti, una Natività e una Deposizione dalla croce (il riferimento a tali opere è esplicitato nelle iscrizioni poste nel fregio della trabeazione degli altari). L'attribuzione al Poccetti è confermata dal Cambiagi nel 1804, dal Biadi nel 1824, che afferma che non sono più in chiesa, e nel 1845 dall'Izunnia, che riferisce l'attribuzione all'attuale quadro in chiesa (un'Adorazione dei Pastori e due donatori nel settore inferiore: "due santi in preghiera in mezzo a un bosco, che è sembrato esser quello di Vallombrosa", come egli afferma). Nel Novecento quest'ultimo quadro è stato datato al pieno Cinquecento e dato alla bottega di Michele di Ridolfo del Ghirlandaio, 1503-1577 (Paatz), o ad Antonio del Ceraiolo, noto 1520-1538 (Zeri); parrebbe trattarsi di un'opera posta in chiesa dopo il 1824 e non coincidente con il quadro del Poccetti, confuso con quest'ultimo dall'Izunnia.
1590 ? - 1610 (cenni storici carattere generale)
Tra Cinquecento e Seicento sono realizzati i due grandi altari laterali posti lungo l'aula, conformemente ai dettami controriformati. Sappiamo che nel 1610 lavora ad un altare di chiesa anche Matteo Nigetti (1570-1649).
1596 (cenni storici carattere generale)
Nel 1596 è sepolto in chiesa Bernardo di Francesco Pagani detto il Franciosino, "armonici princeps et gloria cantus", maestro di cornetta e di altri strumenti a fiato alla corte medicea e fondatore di una scuola di musici e cantori. Nella lapide terragna viene ricordato come "flatibus urgens / dulcisonis calamos primus in urbe virum [...]" ("colui che per primo tra gli uomini in città incalzando il flauto con suoni soavi) [...]", con riferimento al verso dell'epigramma dello pseudo-Catone (De Musis) "dulciloquis calamos Euterpe flatibus urget", dedicato alla musa della musica Euterpe, che secondo la leggenda fu la prima a suonare il cornetto. Dulcisonus e dulciloquus sono termini che si erano diffusi in età tarda romana.
1600 - 1610 (cenni storici carattere generale)
Sempre il Poccetti, secondo talune fonti con l'improbabile collaborazione di Giovanni da San Giovanni (1592-1636, autore invece di una Resurrezione affrescata nell'orto conventuale posto verso ponente, realizzata verso la fine del secondo decennio del Seicento), realizza per un tabernacolo esterno, posto lungo le mura del convento prospicienti via Chiara, una Crocifissione con i due dolenti e la Maddalena, oltre a due santi posti lateralmente negli sguanci (forse Sant'Agostino e San Filippo Neri). Viene costruito il doppio portico ionico del chiostro grande.
1610 - 1646 (cenni storici tabernacoli)
Un altro tabernacolo, sempre lungo le mura prospicienti via Chiara, "alla porta del Convento", è affrescato forse da Giovanni Stefano Marucelli (1586-1646) nella prima metà del Seicento e raffigura La Sacra Famiglia con Sant'Agostino e la Maddalena. Un terzo tabernacolo rappresenta la Madonna con il Bambino tra i Santi Agostino, Elisabetta, Filippo Neri e Maria Maddalena, patroni del convento delle Convertite.
1624 - 1627 (cenni storici carattere generale)
Nel 1624/1627 il convento viene ampliato ("huius aedifici opus perfecerunt") con un nuovo corpo di fabbrica verso nordovest, lungo via del Campuccio, su un terreno posto "dalla banda di tramontana", acquistato grazie alla generosità della granduchessa Maria Maddalena d'Austria e del granduca Ferdinando II, e viene incorporata pure la casa che fu di San Filippo Neri, qui nato nel 1515, posta a sud, lungo via Chiara. Nella nuova ala troveranno sede, al pianterreno, i vari parlatori, lo scrittoio, il granaio, una "stanza comune" e le stanze "della brace e del pane"; al piano superiore un dormitorio.
1685 - 1689 (cenni storici Crocifisso)
Prima del 1689 è rimossa la tavola del Botticelli dall'altar maggiore e vi è collocato un Crocifisso ligneo policromo (dal 1991 in San Felice in Piazza), databile alla metà del nono decennio del Seicento, di Baldassarre Fiammingo o Baldassarre Belmosel ovvero Balthasar Permoser (1651-1732), uno degli interpreti più fecondi ed originali della scultura barocca nel Nord Europa, autore anche di alcune opere nella chiesa dei SS. Michele e Gaetano, che soggiorna in Italia dal 1675 al 1690 (poi ancora tra il 1697 e il 1698) e che non va confuso con Baldassarre d'Anna, detto anch'egli Baldassarre Fiammingo, circa 1560-1639, attivo invece a Venezia e in Dalmazia. La sua produzione di Crocifissi, pur muovendosi in un quadro attributivo ancora non del tutto definito, spazia su diversi materiali e soprattutto su scelte iconografiche assai articolate. Solo Eike Schmidt nel 1997 ha proposto, su basi stilistiche, di avvicinare l’opera a Jacopo Maria Foggini (noto 1643-1684), zio di Giovan Battista.
1700 - 1703 (cenni storici carattere generale)
Prima del 1704 Alessandro Gherardini (1655-1727) dipinge il soffitto della chiesa con una Gloria di Santa Maria Maddalena, entro quadrature architettoniche di Rinaldo Botti (1658-1740). La costruzione prospettica centrale è dipinta in modo tale che chi sta a metà dell'aula abbia la percezione visiva di uno sviluppo in altezza della chiesa pari al doppio di quella reale. Forse in tale epoca viene aperto il coro mediante tre archi su colonne ioniche prospicienti la chiesa, che distruggono quasi interamente la Crocifissione affrescata nel Cinquecento. Tale coro così ristrutturato compare nella pianta del complesso eseguita dall'architetto Anton Giuseppe Fornari alla metà del Settecento (è colui che, con Filippo Belli e Giuseppe Cianfanelli, Giovanni Maria Veraci, Anton Domenico Somigli, Felice Innocenzio Ramponi, Bernardino Ciurini e Antonio Falleri verrà incaricato del problema del restauro del tetto della chiesa di S. Maria della Spina a Pisa).
1725 - 1751 (cenni storici carattere generale)
Nella prima metà del Settecento Domenico Maria Papi (noto 1729-m. 1765) avrebbe eseguito il disegno per il nuovo altar maggiore di chiesa (ma potrebbe trattarsi di un errore del Fantozzi, in quanto il Richa rammenta invece il suo intervento per l'altar maggiore della rammentata chiesa del convento di Santa Elisabetta del Capitolo in via di S. Giuseppe delle Terziarie dell'Ordine Francescano, note come Pinzochere di Santa Croce). Su istanza della madre priora e delle suore, nel 1751 Benedetto XIV concede speciali privilegi e indulgenze all'altare di S. Maria Maddalena Penitente. Allora l'orto del convento "è composto di terra lavorativa, vitata e fruttata, et in parte ornata di Cipressi, con più e diverse Cappelline e Tabernacoli, [...] stanze per bollire i panni lini" e tre pozzi con lavatoi coperti.
1755 - XVIII (cenni storici infermeria del convento)
Nel 1755 il capomastro Filippo Billi progetta la nuova infermeria del convento nel blocco meridionale dove già sorgeva la casa di S. Filippo Neri. Il progetto non verrà realizzato e questo settore sarà dato prima a livello e poi alienato ai Faldi a fine Settecento.
1761 (cenni storici arredi)
Nel 1761 il Richa ci attesta che l'opera del Botticelli è allora custodita in sagrestia e sull'altar maggiore vi è sempre il Crocifisso di Balthasar Permoser, mentre sugli altari laterali si trovano ancora le due opere del Poccetti. Nessun accenno agli affreschi cinquecenteschi, verosimilmente allora oramai scialbati.
1808 - 1849 (cenni storici carattere generale)
Nel 1804 in sagrestia si trova un quadro raffigurante San Michele Arcangelo, che il Cambiagi attribuisce anch'esso al Poccetti, ma non cita più nell'edificio la tavola del Botticelli. Nel 1808 il convento viene soppresso. In seguito, con la Restaurazione, alle Eremitane di S. Agostino, trasferite a S. Elisabetta in Capitolo verso S. Croce, subentrano le Clarisse del vicino monastero di S. Chiara; nel 1804 ancora sono presenti, ma prima del 1824 risultano oramai rimossi, i due quadri del Poccetti sugli altari laterali, dove "si fece succedere [...] due tavole che nulla offrono da richiamare attenzione" (Biadi), mentre il Crocifisso di Balthasar Permoser è sempre sull'altar maggiore. Ancora in una guida del 1849, che ripete pedissequamente le note del Biadi, viene data la falsa notizia che sugli altari laterali non vi siano opere degne di nota, mentre sappiamo che già prima del 1845 vi si trovava, su quello di sinistra, l'Adorazione dei pastori cinquecentesca.
1833 - 1837 (cenni storici carattere generale)
Nel 1837 le Clarisse si trasferiscono a S. Elisabetta del Capitolo in via Malcontenti, ma già nel 1833 un appartamento è documentato come affittato dalla scrittrice irlandese Mary Boyle O'Reilly, un altro, con annesso laboratorio, alla scultrice livornese di origine francese Félicie de Fauveau (1801-1886), rifugiatasi a Firenze dopo essere stata arrestata in Francia per aver partecipato all'insurrezione del 1832 e accolta in Toscana dallo scultore Lorenzo Bartolini e dal pittore Antonio Marini. La sua bottega, addobbata di tessuti e tappezzerie per la visita di personalità prestigiose come il conte di Chambord o lo zar Nicola I, è frequentata sia da collezionisti d'arte che da semplici curiosi. Qui finirà di scolpire il suo monumento a Dante.
1837 - 1855 (cenni storici carattere generale)
L'ex monastero diviene di proprietà dell'accademico dei Georgofili Felice Vasse, che vi crea un "opificio d'industria serica", mentre, come ci testimonia Federigo Fantozzi, "in una porzione vi fu aperta una tipografia, e nell'altra (anno 1840) un Istituto ortopedico dal prof. Ferdinando Carbonai", il primo in Italia, come ci ricorda l'Izunnia, suddiviso i tre reparti, ai quali "si accede da altrettante porte separate, che danno sulla pubblica via, detta della Fornace. [...] Vi sono poi sei ginnasi, comodi bagni, una cappella". Negli anni Cinquanta una porzione è poi documentata come occupata dal laboratorio dello scultore, pittore e musicista americano Thomas Ball (1819-1911).
1886 - 1904 (cenni storici carattere generale)
Nel 1886 l'ex convento diviene la sede della Società dell'Omnibus a cavalli ed attorno al 1903 tutto il complesso è acquistato dai Padri Scolopi per farne la nuova sede della scuola professionale, quella del Pio Istituto degli Artigianelli, già in via delle Caldaie (fondato da Cesare Parissi), dove vengono accolti bambini orfani o poveri e avviati ad un mestiere. Nel 1904 la struttura si arricchisce di un piccolo teatro e di una scuola elementare. Nel 1912 l'Istituto assunse il nome di Asilo “Umberto I”.
1900 - 1910 (cenni storici carattere generale)
Ai primi del Novecento la chiesa viene restaurata dall'architetto Giuseppe Castellucci (1863-1939), al quale dobbiamo le finestre monofore neoquattrocentesche e gli oculi con le finte vetrate policrome, ascrivibili ipoteticamente alla Manifattura Chini, con la quale il Castellucci collabora agli inizi del Novecento.
1980 - 1995 (cenni storici carattere generale)
Negli Anni Ottanta e nei primi Novanta la chiesa, non più officiata, funge da laboratorio di restauro.
1999 - 2003 (vicende conservative affreschi)
Nel 1999-2001 sono restaurati sia gli affreschi quattrocenteschi sia quelli cinquecenteschi. Nel 2003 viene restaurato l'affresco del Poccetti nel tabernacolo lungo via de' Serragli, a cura della principessa Matilde de' Medici di Ottajano.
XXI (cenni storici carattere generale)
La chiesa viene concessa in uso alla comunità Ortodossa Georgiana. |
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